È ufficiale: Brescia e Bergamo saranno Capitali italiane della cultura 2023. In serata son rimbalzate voci e indiscrezioni, che più tardi hanno trovato puntualmente conferma nei fatti, quando in Commissione Bilancio alla Camera si è sciolta ogni riserva su indicazione dell’esecutivo. Mentre a Roma si lavorava sulla riformulazione del testo dell’emendamento del Decreto Rilancio, in città la tensione saliva di minuto in minuto. Poi l’annuncio: festoso, orgoglioso, soddisfatto per un obiettivo importante raggiunto. Laura Castelletti, Vicesindaco e Assessore con delega a Cultura, Creatività e Innovazione, è stata tra le prime a darne comunicazione sui social.
Un risultato importante per le due città, sia dal punto di vista culturale che simbolico: Brescia e Bergamo contrapposte da una rivalità antica, che si è espressa concretamente nel tempo in tanti settori della vita produttiva e sociale, dall’economia allo sport, dall’università alle infrastrutture, hanno trovato una felice sintesi e una collaborazione tanto preziosa quanto inattesa in un momento tra i più complessi e tristi della loro storia recente, quello del Coronavirus. Due città lombarde divise storicamente da un campanilismo genuino, schietto e talora eccessivo e ottuso, mettono da parte il loro “Ego di popolo” per collaborare. Brescia e Bergamo non sono due provincie qualsiasi: se i riflettori sono puntati su Milano, la Metropoli, loro sono il cuore produttivo del nostro Paese, con una economia locale che, unica, può confrontarsi con l’Europa. Davanti alla sofferenza, al dolore, ogni cosa acquista una prospettiva diversa, ogni minaccia può essere trasformata in risorsa.
Se proprio durante il lock down era nata questa idea, questo progetto di unità e pacificazione, non soltanto negli ambienti politici, ma anche in quelli culturali, sanitari, e soprattutto tra la gente, tre giorni fa si sono cuciti gli ultimi fili dell’accordo. L’occasione è stata la presentazione al Viridarium del Museo di Santa Giulia del libro di Massimo Tedeschi dedicato proprio al Covid-19 a Bergamo e Brescia. Presenti Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, e Giorgio Gori, sindaco di Bergamo: un incontro in un luogo simbolico, per un evento culturale che tratta di un destino comune. La partita a Roma è stata attentamente curata nelle due città. I Sindaci hanno per primi dato l’esempio, collaborando tra loro e portando a collaborare le giunte. La via è stata quella dell’ascolto: vi sono momenti dove più che parlare è importante saper ascoltare le voci di una comunità.
Ora il testo del Decreto dovrà essere approvato dall’Aula, a Montecitorio. Poi sarà il turno del Senato, che dovrebbe approvarlo senza modifiche e licenziarlo entro il 17-18 giugno, per permettere al decreto di essere trasformato in legge. Tempi stretti, ma anche tempi liquidi, incerti. La politica ha deciso, ma mille sono le cose che potrebbero accadere in un mondo che sta profondamente cambiando, anche se non se ne ha la percezione. In ogni caso, se l’iter farà il suo corso, Brescia e Bergamo dovranno presentare al Ministero dei Beni Culturali un progetto condiviso, capace di tracciare le linee guida atte a migliorare e a incrementare l’accessibilità e la fruizione del patrimonio culturale.
Iniziative certo, ma non solo proprio perché la cultura incide profondamente in ogni dimensione di una città, in ogni orizzonte di un territorio. Brescia e Bergamo ne hanno di bellezze: artistiche, storiche, culturali. Hanno una storia antica e varia, hanno tracce importanti e splendide. Intanto il primo vero passo, come ha dichiarato il Sindaco Emilio del Bono, è già stato fatto: “ un nuovo tempo è nato nelle coscienze degli uomini e delle donne, nel cuore di bresciani e bergamaschi che hanno già saputo colmare distanze che sembravano insormontabili”. Su questo terreno, ogni progetto culturale può fiorire.
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