Pubblicato il 1 Febbraio 2024
Dopo il carabiniere che ha rinnegato Mattarella, adesso arriva il caso del professore universitario bestemmiatore. Si tratta di un 59enne romano, docente universitario all’ateneo D’Annunzio di Chieti-Pescara, sospeso per 5 mesi senza stipendio. Il provvedimento è stato ratificato dal primo Cda del nuovo anno con il rettore Stuppia in videoconferenza, che non poteva contestare l’esito del collegio di disciplina presieduto da Marcello Villani.
Il rettore Stuppia: “Applichiamo le regole”
Sulla questione è intervenuto il rettore Stuppia che, raggiunto al telefono, come riportato da IlCentro.it ha rilasciato queste dichiarazioni: “Noi abbiamo semplicemente applicato i nostri codici deontologici interni, sono arrivate due segnalazioni per comportamenti inappropriati e l’ateneo si è mosso. Non è una vicenda particolarmente edificante, ma dimostra anche che la D’Annunzio applica le regole”.
Il rettore ha inoltre spiegato che lui ha ereditato questa vicenda, dal momento che si è insediato quando il procedimento nei confronti del docente era già avviato. Stuppia, nella sua prima inaugurazione dell’anno accademico, ha sostenuto di voler essere al fianco degli studenti e di voler portare a termine l’iter.
Le bestemmie
I fatti contestati al docente risalgono ai tempi del Covid, quando il rettore era Sergio Caputi. Il docente è accusato di aver bestemmiato, di aver insultato gli studenti e di aver usato frasi dispregiative verso alcuni colleghi, soprattutto donne. Gli improperi del professore, a quanto pare, erano legati soprattutto alle difficoltà di insegnare a distanza.
Il collegio di disciplina ha ritenute le frasi del 59enne offensive e lesive per l’immagine dell’ateneo, oltre che del decoro e della dignità degli altri docenti. Sono due le segnalazioni arrivate sulla scrivania del nuovo rettore Liborio Stuppia, che ha applicato il codice deontologico interno.
Il tutto è stato registrato dalle apparecchiature usate per fare lezione online e, da quanto emerge, il docente avrebbe ammesso le sue colpe, attribuendo il suo comportamento alle difficoltà di insegnare tramite la DAD. Il docente potrà comunque fare ricorso al giudice del lavoro, se lo riterrà opportuno.