Prosegue l’attività di controllo “a tappeto” avviata dal Comando Provinciale Carabinieri di Catania nei confronti dei beneficiari delle misure di detenzione alternative al carcere. In particolare, l’attenzione dei militari dell’Arma è stata rivolta a quei soggetti a cui è stato consentito di svolgere una attività lavorativa all’esterno dei luoghi di espiazione della pena.
Obiettivo di tale peculiare attività, svolta con il supporto dei colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro dalle Tenenze di Mascalucia, di Misterbianco e dalle 61 Stazioni Carabinieri capillarmente distribuite su tutta la Provincia etnea, è stato dunque quello di vigilare sul rispetto degli obblighi connessi alla concessione dell’autorizzazione a recarsi al lavoro, garantendo al tempo stesso l’osservanza delle norme sulla sicurezza nel settore lavoristico e in materia di legislazione sociale da parte delle ditte resesi disponibili ad assumere questa tipologia di dipendenti.
Già tra luglio e agosto, sia in città che su tutto il territorio della Provincia di Catania, i Carabinieri hanno pertanto proceduto al controllo di oltre 150 individui ai domiciliari presso le altrettante aziende che avevano offerto loro un impiego, rilevando una serie di violazioni, quali lo svolgimento fittizio dell’attività lavorativa da parte di 2 destinatari del beneficio e l’impiego “in nero” di 10 soggetti in detenzione domiciliare da parte di altrettante aziende oltre che la mancanza della prevista “sorveglianza sanitaria”.
Nel primo caso, si trattava di un 31enne di Paternò che da tempo non si era presentato presso un frantoio di Contrada Cuturella, luogo di lavoro indicato all’Autorità Giudiziaria per ottenere il permesso, e di un 27enne di Acireale, che addirittura non ha mai svolto nemmeno una giornata lavorativa in un fioraio di Aci Catena. Passando invece al secondo scenario riscontrato, l’Arma di Catania aveva deferito i titolari di 7 esercizi commerciali (una operante a Riposto nel settore dell’abbigliamento, una rivendita all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli e un autonoleggio di Catania, una ditta edile, un’officina meccatronica e un panificio di Misterbianco, nonché una ditta di fabbricazione di carta e imballaggi di Mineo, per cui è stata anche disposta la sospensione delle attività commerciali interessate) per aver impiegato 7 beneficiari della misura alternativa al carcere, autorizzati a svolgere attività di lavoro, “in nero” e senza la prevista “sorveglianza sanitaria”, mentre ulteriori 3 imprenditori (rispettivamente titolari di una Macelleria ad Aci S. Antonio, di un vivaio a Catania e di un ingrosso di pesce ad Acireale) erano stati sanzionati solo amministrativamente per aver occupato “in nero” altri 3 soggetti ai domiciliari.
Continuando quindi in questa azione di controllo, i militari della Compagnia di Paternò, unitamente a quelli del NIL di Catania, hanno scoperto altri 2 detenuti domiciliari con permesso di lavorare, che prestavano la loro opera “in nero” e senza la prevista sorveglianza sanitaria. Si tratta, in particolare, di una carrozzeria di Adrano e di un bar-tabacchi di Biancavilla, che complessivamente su 10 lavoratori effettivi, ne avevano impiegati 7 senza contratto e visita medica; tra questi, vi erano appunto anche le 2 persone sottoposte alla misura alternativa al carcere. Per entrambe le aziende, è quindi scattata una maxi sanzione per un valore totale di 69.300 €, il recupero dei contributi previdenziali e assicurativi per 16.500 € e la sospensione imprenditoriale delle attività.
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