Il pubblico ministero Paola Crispo aveva chiesto la condanna all’ergastolo ritenendolo pienamente capace. L’assassino rischiava l’ergastolo o uno sconto di pena nel caso fossero state escluse le tre aggravanti associate all’accusa di omicidio volontario: la premeditazione, la crudeltà e l’uso di un mezzo insidioso, ovvero il coltello nascosto in un sacchetto.
La Corte, quindi, non ha accolto la richiesta di rito abbreviato confermando la sussistenza dell’aggravante della premeditazione. E’ stato, però, riconosciuto il vizio parziale di mente. Il 43enne scontata la pena in carcere, dovrà trascorrere un periodo di almeno tre anni in una Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza).
Scagni è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla parentela.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la mattina del primo maggio 2022, Alberto Scagni chiama il padre Graziano minacciandolo di morte se non gli avesse accreditato dei soldi sul conto corrente. Passate poche ore, Alberto richiama il genitore dicendo: “Se non mi dai i soldi lo sai dove finiscono questa sera Alice e Gianluca?” (rispettivamente la sorella e il cognato). A quel punto Graziano Scagni chiama il 112 e parla con la Questura, ma gli operatori avrebbero risposto di chiudersi in casa e richiamare nel caso Alberto si presentasse.
Alberto, però, va a Quinto, sotto casa di Alice, con un coltello nascosto in un sacchetto: aspetta per ore davanti al portone e quando lei scende per portare il cane la strazia con 17 coltellate.
Da mesi il fratello litigava con i parenti perché chiedeva continuamente soldi.
In poche settimane aveva speso il fondo pensione, di 15 mila euro, che gli era stato accantonato dai genitori e aveva iniziato a perseguitare la nonna e i vicini di casa.
Alberto Scagni è salito sul banco degli imputati (come ne aveva diritto) ma diversamente da quanto atteso non ha speso parole in sua difesa o sull’omicidio, bensì ha farneticato circa la presunta pedofilia di un suo conoscente. Atteggiamento che sembra confermare il suo disequilibrio psichico o la sua linea di condotta in questo processo, come emerge anche da una lettera inviata proprio ieri alla Corte presieduta dal giudice Massimo Cusatti, e da Scagni definita una memoria difensiva; anche in questo scritto parla dei suoi problemi con diverse persone da cui si sente perseguitato.
Seppur fuori dal processo come parte civile, anche oggi erano presenti in aula Antonella Zarri e Graziano Scagni, i genitori di assassino e vittima, che a margine hanno commentato le ultime deposizioni: “Ci hanno accusato di aver cresciuto un assassino, la sentenza è stata scritta già il 4 maggio, quando siamo stati sentiti per la prima volta a pochi giorni dalla morte di Alice”.
La coppia rappresentata dall’avvocato Fabio Anselmo ha da sempre sostenuto che Alberto non sia capace di intendere e volere: “È fuori di testa, uno che si siede lì e deve fare qualche dichiarazione e comincia con quei discorsi sui pedofili che ha sempre detto, è fuori dal piano della realtà. Solo che c’è qualcuno che non lo vuole sentire. È tutta una ipocrisia concordata per evitare un grosso lavoro sulle responsabilità, sulle quali noi abbiamo fatto opposizione”.
“Siamo stati accusati di aver cresciuto un assassino e quindi siamo gli assassini di nostra figlia e non abbiamo il diritto di vedere il figlio di nostra figlia”, ha detto poi Graziano Scagni. “In questo momento dobbiamo agire in modo giuridico per poterlo frequentare in modo naturale”, aggiunge Antonella Zarri che indossa l’orecchino di Alice tifosa della Samp: “È qua con me, i figli non muoiono tornano nella pancia”.
La Procura ha chiesto l’archiviazione per questo fascicolo ma i genitori, tramite l’avvocato Fabio Anselmo, si sono opposti e deve essere fissata una udienza per la discussione.
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