Pubblicato il 16 Settembre 2020
“Mi domanderò sempre come mai sia stato più facile per le ‘7 perle’ dell’arcipelago delle Eolie diventare Patrimonio dell’Umanità, prima ancora che patrimonio della Sicilia e dell’Italia intera”.
Francesco Pastore conosce le Isole da sempre. “Ogni tanto mi basta chiudere gli occhi – dice – per riconoscere all’olfatto le sensazioni dell’infanzia, portate dall’odore emanato dalla terra vulcanica con l’umidità serale, dal profumo dolce dei gelsomini dei giardini e da quello selvatico dell’erba janca, dell’erba i vientu”.
Francesco ha avuto – come dice lui – “la fortuna di poter vivere le Eolie durante tutti i miei 53 anni di vita, in virtù delle origini liparote di mia madre”. Ne ha visto i mutamenti, ne ha respirato le atmosfere, ha colto i momenti del successo e quelli della stasi, le speranze e le delusioni. All’epilogo di questa estate 2020, l’estate dell’anno del COVID, ha visto che gli effetti della pandemia sono ricaduti “su buona parte della stagione turistica, nonostante l’effimera fiammata del pienone di agosto, dovuta in buona parte al turismo di prossimità dalla Sicilia”.
A Lipari – racconta sorridendo – “ci si domanda ironicamente se il virus abbia contagiato anche i totani, scomparsi improvvisamente dai mari dell’arcipelago”. E naturalmente “ci si augura che tutto ritorni come prima, o, anzi, che sia questa l’occasione per migliorare la situazione”.
Le Eolie nell’album dei ricordi, da turista e da residente
“Durante l’infanzia – ricorda Francesco Pastore – non vedevo l’ora di salire sul quel treno che ci avrebbe portato verso la casa materna a Lipari per passare insieme ai miei le allora lunghissime ferie estive. Bellissimi momenti, nonostante nonni e zii fossero molto impegnati nella gestione di un’attività ristorativa molto conosciuta”.
“Negli anni successivi – spiega – ho sempre avuto Lipari come punto di riferimento, benchè nel frattempo avessi iniziato a girovagare in tutta l’Italia per via del lavoro di mio padre (Pisa, Firenze, Messina, Perugia). Durante gli studi universitari mi immersi, come tutti quelli della mia età, nella movida dell’isola. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master, iniziai a lavorare alle Eolie nel turismo in un apprezzato resort, per poi passare ad una breve collaborazione come funzionario comunale”.
Le Eolie come “piccoli paradisi in cui si può vivere senza consumismo”
Nei due anni da residente, Pastore scopre un mondo. “Ebbi modo di sperimentare tutte le particolarità e le difficoltà lavorative dovute all’insularità e potei vivere quelle realtà anche in inverno, provando di persona le tipiche sensazioni settembrine dei residenti, un misto di sollievo per il ritorno ad una vita più sostenibile e nel contempo di malinconia per l’avvicinarsi del periodo invernale”.
Una sensazione – dice – quasi “bipolare”. “Si passava dalla pace ascetica della vita invernale all’euforica frenesia dell’alta stagione, in tempi in cui non esistevano i social ed internet”.
Proprio durante quegli incantati “letarghi invernali” – racconta – “potei peraltro apprezzare l’essenzialità, che si vive soprattutto nelle frazioni di campagna e nelle isole meno abitate; in un piccolo paradiso si può vivere benissimo anche senza bisogni indotti, senza le convenzioni e le sovrastrutture della società consumistica”.
Le Isole dalla “prospettiva del mare” tra grotte e calette
Con gli occhi dell’adulto, infine, quella di Francesco Pastore diventa una riscoperta delle Eolie, “stavolta, tardivamente, dalla prospettiva del mare, caricando moglie e figlio su una piccola barca per sfuggire alla calura ed alla confusione; anche nel periodo di punta basta allontanarsi di poche miglia dai centri abitati per scoprire luoghi silenziosi, angoli suggestivi, da respirare percorrere e fotografare tra calette e grotte, mentre nella maggior parte delle altre località balneari della penisola è difficile sfuggire agli assembramenti, e alla logica dell’ombrellone in sesta fila”.
L’impegno dei privati, le responsabilità delle istituzioni
Per Francesco sono oggi molto lontani i ricordi della fine degli anni ‘70 quando Lipari aveva la nomea del Comune più ricco di Italia, o i successivi anni della crescita turistica, durante i quali i residenti di qualsiasi ceto avevano riconvertito le seconde case per accogliere i turisti, in mancanza di posti letto nelle strutture alberghiere. “Negli anni Duemila – sottolinea – molti furono gli imprenditori, del settore e non, che investirono per colmare le lacune, creando strutture ricettive e servizi”. Ma dopo pochi anni, “la parabola ascendente veniva frenata dalla crisi del 2008 che stava accelerando i cambiamenti nelle abitudini di consumatori e dei turisti”.
E cosi negli ultimi anni le Eolie hanno conosciuto “una fase di inerzia ed attendismo verso la svolta necessaria al rilancio definitivo, e la moderna contaminazione dei modelli di vita individualistici sembrava aver affievolito il preesistente senso di reciproca solidarietà tra isolani”.
Lo spirito combattivo degli Eoliani risvegliato dalla pandemia
Oggi, assieme alla preoccupazione per le conseguenze economiche della pandemia, “sembra esserci un risveglio delle coscienze”, annota Pastore. “Sembra si stia riattivando lo spirito combattivo e determinato degli isolani, forgiato da secoli di difficoltà e di autarchia economica” e “forse alla fine l’emergenza COVID avrà riattivato, almeno parzialmente, quell’antico senso di comunità”.
Nel tempo si è registrato il “fronte comune” delle associazioni di categoria di imprenditori e commercianti”. Più di recente, la tragica morte della 22enne Lorenza Famularo “ha innescato una reazione a catena anche tra la gente comune che – attraverso una manifestazione clamorosa – ha ottenuto l’attenzione dei poteri centrali sul potenziamento del locale Ospedale”.
Ed in effetti – ragiona Francesco – “nulla potrebbe l’iniziativa privata su grandi temi quale quello del sistema sanitario, o quello dell’invocata fiscalità agevolata e quello della necessaria modernizzazione dei trasporti, nodo cruciale, fondamentale, per la rinascita delle Eolie”.
Il “ritardo” di Lipari, la realtà di Salina, le potenzialità di Filicudi e Stromboli
“A Lipari è palpabile il rammarico per non aver potuto allungare la stagione attraendo una fascia di turismo più alta e disposta a spendere, processo che anni addietro si era in parte concretizzato soprattutto grazie agli arrivi stranieri”.
Impattano, su questo mancato “allungamento”, il nodo trasporti ma anche uno sviluppo dell’accoglienza basato su un’iniziale proliferare di case vacanze che nei decenni ha attirato più che altro famiglie e ragazzi in cerca di movida.
Il punto è – dice Francesco – che nonostante le criticità comuni, le altre isole Eolie hanno comunque avuto un diverso sviluppo. È il caso di Panarea, isola VIP per eccellenza, ed è il caso soprattutto di Salina, che ha invece raggiunto il proprio obiettivo posizionandosi a livello di immagine come isola verde, connubio di ambiente, cultura e tranquillità: l’evoluzione turistica qui è stata più graduale, mirata e gestita fondamentalmente da pochi e ben ispirati operatori locali che hanno saputo sfruttare bene anche il vantaggio di poter attingere ai maggiori potenziali fondi dei ben 3 Comuni presenti sull’Isola”
Intanto, oltre alle potenzialità di Lipari, “rimangono ancora da valorizzare con oculatezza Filicudi, isola incontaminata, ‘isola esclusiva’, e soprattutto Stromboli, sulla cui unicità poco si può aggiungere. Non ci sono altri posti dove è possibile mangiare il pesce, seduti al lume di candela e in sicurezza, a 600 metri da una colata lavica, ammirando un’eruzione come fosse un gioco di artificio”.
Il futuro delle Eolie? Turismo destagionalizzato ed ecosostenibile
“Ho potuto constatare personalmente che quasi tutte le persone che mi dicevano di aver visitato le Eolie alla fine se n’erano andate senza vedere i posti più belli e gli angoli più suggestivi”, conclude Francesco Pastore. “Per mancanza di informazioni, di tempo, di risorse o, talvolta, perché semplicemente raggiungere quegli angoli risultava scomodo. Ho sempre pensato che ciò non contribuisse ad alzare l’indice di gradimento medio delle Isole. Nel turista distratto o in quello ‘mordi e fuggi’ non ci sarà mai la giusta sensibilità, né ci sarà il tempo, per poter apprezzare fino in fondo l’eccezionalità del patrimonio di questi luoghi, un mix unico tra natura (mare, spiagge, vulcani e direi soprattutto panorami), gastronomia e storia antichissima, racchiusa nello scrigno del Museo di Lipari”.
E invece le Eolie “rappresentano la mèta ideale per il turista che ha la pazienza di andarsi a conquistare – anche a piedi e sotto il sole – i luoghi più incontaminati e meno affollati. Per gli animi che si focalizzano sulle incomparabili bellezze naturalistiche cosi come sono, l’attenzione non si concentra su inevitabili inefficienze o servizi mancanti, inefficienze e carenze che con uno sviluppo del turismo graduale, gestito e strategico potrebbero essere risolte”.
Come a dire che le Eolie non possono essere viste e vissute come “parchi divertimento”. Sono luoghi di cultura secolare, di tradizioni antichissime, di incomparabili peculiarità naturalistiche. Ed è per queste ragioni che le si dovrebbe scegliere.
“L’augurio – conclude Francesco Pastore – è che grazie alle enormi opportunità e potenzialità si centri finalmente l’obiettivo della destagionalizzazione ma in maniera eco sostenibile e questo sarà possibile solo col miglioramento dei trasporti; chissà se ci sarà spazio per un nuovo aeroporto sulla terraferma, più vicino rispetto a quello di Catania e funzionale alle esigenze delle Isole. Nonostante l’iniziativa locale ci sia, basti pensare ai nuovi progetti di porti turistici, allo sviluppo dell’enogastronomia (vini, malvasia, capperi, e prodotti alimentari DOP), al dibattito controverso sulle opportunità dei parchi marini e terrestri, per compiere i grandi passi di uno sviluppo concreto e duraturo sarà sempre comunque determinante la spinta della politica centrale”.