Atreju, Meloni senza freni contro l’opposizione: “Ci metto la faccia e non mi tiro indietro” (VIDEO)

“Non compro il consenso, non mi tiro indietro, ci metto la faccia”.

Così Giorgia Meloni.

Torna per la prima volta da presidente del Consiglio nella sua Atreju e risfodera la verve del comizio, che tanto le manca, così come ripete lei stessa, nelle stanze di Palazzo Chigi.

La voce un po’ roca – “ho qualche problema”, la premessa – l’acqua sempre a portata di mano, la premier arringa i suoi Fratelli d’Italia per 70 minuti, rivendica i risultati del governo e attacca tutti, da Elly Schlein (l’unica che viene citata per nome) a Giuseppe Conte, fino a Chiara Ferragni e Roberto Saviano.

E assicura che non ci sarà “verso” di “liberarsi” di lei, fino a quando avrà “il consenso del popolo”.

E con buona pace degli avversari, è il leitmotiv del suo intervento che chiude la 4 giorni della kermesse della destra.

“Verremo contrastati con ogni mezzo, anche quelli non proprio legittimi”, avverte la premier che se la prende anche con “certi media” che cercano di stendere una “cortina fumogena” sull’azione dell’esecutivo con un racconto “livoroso e di parte”.

La platea ascolta e approva il discorso della leader: un lungo applauso scatta quando il ricordo è quello di Silvio Berlusconi (“ci guarda in streaming da una nuvoletta lassù” aveva detto poco prima Antonio Tajani).

Un applauso che diventa un po’ più tiepido quando si passa al sostegno all’Ucraina. “Lo so che molti italiani pensano che quella guerra sia distante”, ammette Meloni, ricordando però che “in Ucraina è in gioco il nostro interesse nazionale, come quello di tutti i liberi popoli europei”.

L’Europa stessa è davanti ad un “memorabile appuntamento con la storia”, dice Meloni senza entrare troppo nel merito del voto previsto tra sei mesi. Certo, ha ringraziato più volte, anche con una comparsata sul palco fuori programma, l’amico Santiago Abascal, il leader di Vox con cui – ha detto -“continueremo a lavorare insieme per un’Europa migliore e diversa”. Con quali alleati la premier non lo dice, mentre Matteo Salvini, anche lui ospite di Atreju, continua a ripetere che si deve guardare a tutte le forze “alternative” alla sinistra, “da Abascal a Afd”.

Ma oggi non è il momento di “cervellotiche elucubrazioni tattiche” come quelle su cui “si affannano i giornali”. E se la sorella della premier, Arianna, sembra declinare l’ipotesi di una corsa in prima persona (“preferisco restare dietro le quinte, ma sono un soldato”) rimane deluso anche chi si aspettava che Meloni potesse sciogliere la riserva sulla sua di candidatura.

Non parla nemmeno di giustizia, che pure è tema caro all’alleato Forza Italia. E cita velocemente l’autonomia. Si ferma a lungo sui cavalli di battaglia di Fdi, dalla lotta alla criminalità organizzata alla battaglia contro i rave party, fino alle occupazioni abusive (uno dei passaggi più applaudito) e all’immigrazione clandestina. Immancabile, invece, il riferimento alla “madre di tutte le riforme”, quel premierato su cui il centrodestra è pronto ad andare al referendum che non sarà “su di me”, rimarca. Niente “Meloni come Renzi”, ripete cambiando tono e registro.

Ma sono molti i passaggi in cui accompagna, anche con i toni della voce, gli affondi nei confronti delle opposizioni. A cominciare dai 5S che – sottolinea -hanno fatto campagna elettorale sulla ristrutturazione “gratuita” con il Superbonus, che vale quanto tutta la spesa per la sanità e lascia una eredità “drammatica” per i conti. E che hanno disincentivato il lavoro con il Reddito di cittadinanza. La destra lo ha cancellato e “lo rifarei mille volte”, rivendica Meloni, perché “non m’importa di comprare il consenso, lo lascio agli altri”.

Quelli che “banchettano sulle tragedie”, come quella di Giulia Cecchettin, per “raggranellare consensi”. Quelli che sono “eredi” di comunisti e socialisti che non hanno votato a favore del “concetto di comunità d’Europa 66 anni fa”, e ora vogliono “farci lezioni sull’Europa”. E se “14 mesi” le sembrano già “14 anni”, come dice scherzando quando non è nemmeno a metà del suo intervento, sul finale la promessa: “Non sono il genere di politico che si inchioda alla poltrona” ma “sono più resistente di quanto i miei avversari si aspettano”. Pronta a restare. Magari altri “vent’anni” come pronostica Salvini. 

Redazione Nazionale

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