Pubblicato il 3 Settembre 2020
Australia in recessione per la prima volta in 30 anni. Non accadeva dal 1991: nemmeno la crisi finanziaria del 2008 era riuscita a scalfire la crescita decennale del Pil nazionale.
L’Australian Bureau of Statistics (Abs) ha rivelato che nel secondo trimestre del 2020 il Prodotto interno lordo, Pil, si è contratto del 7%, dopo il calo dello 0,3% registrato nel primo trimestre. Su base annua il crollo è stato del 6,3%, risultando peggiore delle stime degli esperti, che si aspettavano un calo del 5,1%.
Un Paese entra ufficialmente in recessione (cd. recessione tecnica) quando il Pil segna una variazione congiunturale negativa per due trimestri consecutivi.
Michael Smedes, responsabile dei conti nazionali dell’Abs, ha attribuito la caduta trimestrale alla “pandemia globale e alle relative politiche di contenimento”. “Questo è, con un ampio margine, il più grande calo del Pil trimestrale dal 1959”, ha detto Smedes. Il rapporto dell’Abs mostra anche che, a causa dell’aumento del numero di destinatari delle misure finanziarie di sostegno, le prestazioni di assistenza sociale hanno registrato un aumento record del 41,6%.
Il lockdown ha impattato sui consumi: gli acquisti di beni durevoli sono crollati del 12%, mentre la spesa per i servizi del 18%.
Banca centrale e governo stanno lavorando in parallelo per sostenere l’economia, ultimi esempi l’estensione dei prestiti agevolati alle banche annunciata ieri dalla Reserve bank of Australia e gli aiuti lanciati dal governo per il mercato del lavoro. Ad oggi il governo di Scott Morrison ha già speso 147 miliardi di dollari per un pacchetto di stimoli destinati a rilanciare l’economia.
Dal 1991 al 2018 il Pil australiano è cresciuto con un tasso medio annuo del 3,2%, resistendo a crisi economiche e politiche. A contribuire alla crescita dell’economia, gli acquisti di materie prime da parte della Cina, con cui ora il Paese è però ai ferri corti dopo che ad aprile il ministro degli Esteri australiano, Marise Payne ha chiesto un’indagine internazionale sulle responsabilità di Pechino nella diffusione del Coronavirus.