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Ballerina condannata a 12 anni di carcere per aver donato 51 dollari all’Ucraina

Pubblicato il 16 Agosto 2024

Mentre Kiev continua ad avanzare nel Kursk, Mosca combatte la sua guerra non solo sul campo ma anche fuori. In particolare il governo di Putin ha messo nel mirino i cosiddetti dissidenti, di cui Navalny era uno dei principali esponenti. L’ultimo caso più eclatante è quello di Ksenia Khavana, ballerina dalla doppia nazionalità russa e americana accusata di tradimento e condannata a 12 anni di carcere per aver donato 51 dollari all’Ucraina.

La condanna della ballerina russa

Il cognome da nubile di Ksenia è Karelina, che vive da tempo a Los Angeles insieme al marito e che da anni ormai ha ottenuto la cittadinanza americana dopo il matrimonio. Lo scorso febbraio è tornata in Russia per trovare i parenti ed è stata arrestata a Ekaterinburg. Il Servizio di sicurezza federale russo ha motivato l’arresto spiegando che la donna ha raccolto denaro per un’organizzazione ucraina, poi utilizzato per acquistare forniture mediche tattiche, attrezzature, armi e munizioni per le forze armate. L’accusa della Russia è quella di aver organizzato una raccolta fondi e di aver donato 51 dollari all’Ucraina tramite un ente di beneficenza statunitense.

La rabbia della Casa Bianca: “Una crudele vendetta”

Intanto Biden, che ha comunicato di voler portare il suo mandato a termine nonostante l’annunciato ritiro, ha condannato la Russia, accusata di colpire i cittadini americani solo per vendicarsi dell’appoggio fornito dagli Stati Uniti all’Ucraina. Sulla questione è intervenuto John Kirby, portavoce della Casa Bianca, il quale ha garantito che gli Stati Uniti stanno lavorando a livello diplomatico per la situazione della Khavana. Kirby ha sottolineato che è ridicolo accusare una persona di tradimento per una cifra irrisoria come 51 dollari. Negli ultimi due anni Mosca ha ulteriormente inasprito le leggi contro i dissidenti e diversi personaggi illustri russi ne hanno pagato le conseguenze, a dimostrazione che Putin non guarda in faccia a nessuno per vincere la guerra e combattere la resistenza interna.