Pubblicato il 23 Settembre 2021
Nel processo per l’omicidio di Willy viene letta in aula un’intercettazione in cui i fratelli si stupiscono di essere coinvolti. Riferendosi al testimone che li accusa dicono: «Ma è impazzito?» Nel frattempo, i Bianchi vengono scaricati dagli amici
«Ma questo s’è impazzito?». Increduli nella loro pretesa impunità Marco e Gabriele Bianchi si confrontano, intercettati in carcere all’indomani del loro arresto, sui primi stralci di verbali e testimonianze pubblicate sui giornali. È l’avvocato del coimputato Francesco Belleggia, Vito Perugini, a chiedere di ascoltare queste frasi nell’aula della corte d’Assise di Frosinone dove si celebra il processo per la morte di Willy Monteiro Duarte, il 21 enne di Paliano vittima di un pestaggio.
Gabriele Bianchi (collegato da Rebibbia), suo fratello Marco (dal carcere di Velletri), Mario Pincarelli (anche lui a Rebibbia) e Francesco Belleggia in aula (è l’unico ai domiciliari) sono accusati di concorso in omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Per la prima volta non ci sono i genitori e la sorella di Willy che osservano un periodo di quarantena.
L’udienza si apre con la testimonianza del maggiore del Ris dei carabinieri, che ha condotto le analisi biologiche sui reperti sequestrati sul luogo del delitto e sugli abiti degli imputati e della vittima e nell’auto dei Bianchi. Il dato che emerge è che, a differenza di quanto ipotizzato in un primo momento, non ci sono stracce di sangue di Willy sugli abiti degli imputati. Un chiarimento che però non cambia la sostanza dell’accusa, dato che come stabilito dall’autopsia Willy è morto per le lesioni ed emorragie interne. La corte ascolta poi le testimonianze degli altri ragazzi che erano presenti quella sera a Colleferro.
Il primo è Gianmarco Frabotti: «Cominciammo a vedere l’agitazione in piazza attorno a Pincarelli e Belleggia che dopo aver colpito Federico Zurma (il ragazzo che Willy cercherà poi di portare via, ndr) si è allontanato mentre Pincarelli continuava la lite verbale con altri amici di Zurma. Poi si sono spostati tutti dietro l’edicola, in dieci minuti sembrava tutto finito ma poi sono arrivati i fratelli Bianchi. Li conoscevo per nomea e per lo sport che praticano. Quando sono arrivati tutti hanno fatto silenzio, la gente si allontanava. A Cencierelli ho detto non ti mettere in mezzo con questa gente. I loro nomi erano conosciuti a Colleferro e dintorni per le risse, i pestaggi e lo spaccio. Li ho visti andare diretti verso il gruppo di ragazzi e cominciare ad aggredirli. Conoscevo Willy, giocavamo a calcio assieme da piccoli, e conosco Cinciarelli. Nessuno di loro due stava partecipando alla discussione. Gabriele Bianchi è andato spedito verso Willy e l’ha colpito in petto con un calcio frontale, di corsa, piegando la gamba, facendo leva con l’altra e spingendo col bacino. Willy è sbattuto contro una macchina, è caduto e Marco Bianchi l’ha colpito con un pugno in faccia mentre provava a mettersi in piedi. Da allora non si è più rialzato. Anche Pincarelli gli ha dato un calcio in faccia mentre Belleggia non l’ho visto partecipare. Poi sono scappati tutti e quattro».
Tocca poi a Michele Vinciguerra: «I Bianchi si sono diretti al centro del gruppo dei ragazzi che discutevano e io già sapevo chi erano. Willy stava solo assistendo ma Gabriele lo ha colpito subito con un calcio in petto che l’ha fatto cadere, Willy ha iniziato a boccheggiare, ha appena alzato lo sguardo e lui l’ha colpito di nuovo con un cazzotto al volto. Poi è arrivato Marco e l’ha colpito di nuovo con un calcio alla testa. Anche Pincarelli l’ha colpito. Belleggia non l’ho notato».
Gli amici iniziano a smarcarsi
Mentre la famiglia finisce sulle pagine dei giornali per le dichiarazioni e atti di aggressione, emergono nuovi dettagli su Marco e Gabriele Bianchi. I due sono stati, di fatto, scaricati anche dagli amici. In particolare da Omar Sahbani, uno dei giovani che aveva chiesto il soccorso dei “gemelli” per quella rissa a Colleferro che poi è costata la vita al 21enne Willy Monteiro. Come riporta il quotidiano La Repubblica, gli inquirenti hanno intercettato (pochi giorni dopo l’omicidio) una conversazione tra Sahbani e il cugino in cui si parla anche dello “stile di vita” dei fratelli Bianchi:
“È un periodo che sto a cercà di allontanarmi comunque, io non è che… non mi ritrovavo più in quell’ambiente, non mi ci proprio ritrovavo più, non era la vita mia […] Cugì, parlamose chiaro no, cioè questi tenevano una vita un po’ accelerata no, facevano quello che facevano, mo senza dirlo però si sapeva quello che facevano, no? Issi erano pigliato una cosa che comunque se non volevi ai a cena fuori non poteva esse se non… se non porti.. cioè capito? se non porti l’orologio d’oro non ti fai la foto coatta, non ti fai la storia mentre stai a magnà. Ma a mi che cazzo me ne frega di ste stronzate, aho. A me che cazzo me ne frega”.