Gli ospiti del salotto pomeridiano in onda su Rossiya annuiscono, non troppo convinti. Vabbè, sarà per un’altra volta, aggiunge uno di loro.
In studio c’è sconcerto per un evento imprevisto, racconta l’inviato del Corriere. L’ordine viene ristabilito convergendo su un punto ben preciso. “È la Russia che ha consentito al presidente americano di arrivare a Kiev . È una nostra prova di forza”. Certo, resta il rimpianto per l’occasione mancata. “Almeno avremmo potuto minacciarlo un po’… comunque meglio non averlo ammazzato, in fondo è solo un vecchio demente”.
Uscendo dal mondo alla rovescia della televisione russa, il prodotto non cambia. E neppure i toni. Boris Rozhin, blogger ultranazionalista da un milione di followers, insiste sul concetto della grazia ricevuta. “L’arrivo di Biden a Kiev è dovuto solo al fatto che abbiamo deciso di non sparare a lui e a Zelensky. Bisogna ricordare anche che i presidenti Usa sono andati spesso a trovare le loro marionette in Vietnam, Iraq e Afghanistan. Sappiamo come è andata a finire”.
Sergey Mironov, presidente e capogruppo alla Duma di Russia Giusta-Per la verità, pubblica sul sito del partito una dichiarazione ufficiale. “Nell’anniversario dell’Operazione speciale gli americani hanno deciso di organizzare una visita esemplare, che dimostra soltanto come il presidente americano è in fin dei conti capace ancora di muoversi autonomamente, di deporre fiori e di farsi fotografare”.
Anche il deputato crimeano Mikhail Sheremet non l’ha presa bene. “È la provocazione di due dittatori sanguinari, due criminali di guerra che presto finiranno davanti a un tribunale. Quelli come Biden e la sua squadra sono un’infamia del popolo americano, così come i nazisti lo furono di quello tedesco”.
L’età, l’aspetto fisico (“un arzillo ragazzo di ottant’anni che tenta di dimostrare una spavalderia da giovane” chiosa il senatore del Consiglio di Federazione eletto in Crimea Sergey Tsekov), la religione. Al catalogo non manca nulla.
“Chi di loro due è ortodosso?” si chiede su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, commentando la foto dei due presidenti sullo sfondo di un muro con affreschi di santi della cattedrale Mikhajlovskij a Kiev. Nel post seguente, dedicato alla sorte dell’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili, che secondo alcuni report si sta spegnendo in carcere, aggiunge che il suo destino, “e quello di Guaidò”, l’ex presidente ad interim del Venezuela, “è quello che aspetta tutti coloro che hanno venduto il loro c…, la loro vita agli americani”.
“Scrutando le immagini di Biden con il suo protetto Zelensky di Kiev, non dimenticate la fine che hanno fatto tutti i precedenti progetti americani”.
Non poteva mancare all’appello Dmitry Medvedev, che arriva per ultimo con un lungo post nel quale ragiona, sempre a modo suo, sul fatto che le armi promesse da Biden nulla potranno contro lo spopolamento dell’Ucraina, quasi a ribadire che la superiorità numerica rappresenta in questo momento il vantaggio più grande per la Russia. “Secondo le stime degli esperti se ne sono andati complessivamente da 15 a 20 milioni di abitanti. Perciò la popolazione di questa strana terra nota con il nome di Okraina, ovvero periferia, tende a ridursi. I carri armati e i proiettili sono certo importanti. Ma le persone lo sono indubbiamente di più. E non sono soggette al potere né del vecchio di Oltreoceano né della banda dei drogati di Kiev. Questo esodo di massa è la prova che il futuro ci sorride”.
“Una enorme vittoria personale per Biden” chiosa a denti stretti Sergey Markov, ex uomo di fiducia del presidente russo, dopo avere precisato che la sua visita dimostra come la Russia stia dalla parte del Bene contro il Male.
Ma la riscossa è dietro l’angolo. Proprio sullo schermo di Rossiya lampeggia il conto alla rovescia del tempo che ci separa dal discorso di Vladimir Putin, previsto per domani alle dieci del mattino ora italiana.
Se Mironov si dice convinto che lo scopo ultimo del viaggio a Kiev fosse quello di fare uno sgarbo al Cremlino e “rubare l’agenda” sullo sfondo del Messaggio del nostro Presidente all’Assemblea federale, i siti di riferimento dell’ultranazionalismo come Tsargrad chiedono che l’onta sia subito lavata.
“Biden è pazzo come lo era Hitler quando viaggiò nei territori occupati dell’Urss durante la Grande Guerra Patriottica”, scrive l’influente politologo Mikhail Tiurenkov. “E per questo Putin deve dare subito un segnale ancora più forte”.
Anche osservatori ben più neutrali come “l’agente straniero” Tatiana Stanovaya scommettono sul fatto che il Cremlino vedrà la visita di Biden a Kiev l’ennesima prova che gli Usa puntano definitivamente su una sconfitta strategica della Russia.
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