“Alex era un bambino intelligente, sveglio e pieno di vita. Lo volevo accanto. Non potrò mai perdonare sua madre per quello che ha fatto”. Lo ha detto Norbert Juhàsz, padre biologico del piccolo Alex ucciso nel pomeriggio di venerdì 1 ottobre a Città delle Pieve, in provincia di Perugia. Il piccolo si trovava inspiegabilmente in Italia insieme alla mamma Erzsebet Katalin Bradacs: i due vivevano infatti in Ungheria, lì dove si trovava anche il padre del bimbo di 2 anni al momento della tragedia. Secondo quanto sospettano gli inquirenti, la donna sarebbe fuggita col bambino al seguito nel tentativo di non concederne l’affidamento all’altro genitore con il quale era in causa dopo la separazione.
Norbert è venuto a conoscenza di quanto accaduto tramite una terribile foto arrivatagli su Whatsapp poco prima delle 15. “Katalin aveva scritto “nessuno lo avrà” e poi aveva mandato la foto del cadavere di Alex – spiega l’uomo in un’intervista a La Nazione -. Il messaggio era destinato a suo figlio più grande, un ragazzo di 18 anni che vive qui avuto da una precedente relazione. L’ha poi inoltrata a me. Speravo che quella foto fosse falsa e sono andato subito dalla polizia, invece lo aveva fatto davvero”.
Subito dopo l’omicidio, secondo quanto dichiarato da Norbert, Katalin avrebbe chiamato una conoscenza comune confessando il delitto. La conversazione sarebbe stata registrata e ora potrebbe essere messa agli atti dalla procura di Perugia che ha preso contatti con il padre del bimbo e con il suo legale.
Nonostante le sue dichiarazioni, però, Katalin ha continuato a definirsi innocente davanti agli inquirenti. Le sue versioni dei fatti risultano incomplete e discordanti, tanto da essere considerate inaffidabili dalle forze dell’ordine. La mamma 44enne ha infatti dichiarato di aver trovato il cadavere del figlioletto all’interno del casolare nel quale aveva trovato un appoggio di fortuna qualche giorno prima della tragedia. Dopo il ritrovamento avrebbe poi portato il corpicino all’interno del supermercato in una disperata richiesta di aiuto.
Non ha fatto alcun riferimento alle vicende legali con l’ex marito e al fatto che avrebbe dovuto consegnare il piccolo al papà già dal 23 settembre. Nonostante questo, l’ex ballerina era fuggita e aveva raggiunto prima l’Umbria e poi la Toscana. La sera prima dell’omicidio, i carabinieri di Chiusi l’avevano fermata trovandole in borsa un coltello poi sequestrato.
Secondo quanto riferito dal padre del bimbo, Katalin aveva già minacciato di dare fuoco al bimbo. Non spiega in quali circostanze, ma asserisce di aver cercato di strappare dalla sua custodia Alex. “Tutti vedevano come non fosse assolutamente adatta a crescere un figlio ma non le è stato tolto. Nessuno ha fatto nulla” ha dichiarato Norbert. György László Kalmár, membro del consiglio di amministrazione dell’Associazione dei Padri, forniva supporto legale proprio al papà del piccolo Alex.
“Era nota a tutti la questione. La madre aveva già dato segni di squilibrio davanti ai rappresentati degli uffici di tutela: si era percossa la pancia durante la gravidanza, si era mostrata violenta nei confronti del bimbo e di qualunque essere vivente. Aveva afferrato il gattino di sua nonna davanti agli assistenti della protezione infanti e lo aveva lanciato contro il muro. Quando doveva nutrire il piccolo, sosteneva di non essere nelle condizioni psicologiche per farlo”.
La mamma di Alex si avvale della facoltà di non rispondere
Si è avvalsa della facoltà di non rispondere davanti al gip di Perugia sottoposta a fermo con l’accusa di omicidio volontario aggravato del figlio di 2 anni. Davanti al suo legale, Enrico Renzoni, ha confermato di essere innocente come aveva già affermato nei giorni scorsi. Ha poi detto di non aver mai voluto rapire il figlio: la sua intenzione, secondo quanto dichiarato, era di riportarlo al padre una volta tornata in Ungheria.
E’ stato convalidato il fermo per omicidio per la madre del bimbo di due anni che lei stessa aveva portato morto in un supermercato di Città della Pieve. Il giudice ha disposto per la donna la custodia cautelare in carcere.
Il provvedimento è stato adottato dal sostituto procuratore Manuela Comodi dopo avere sentito la donna.
Questa – secondo quanto si è appreso – non avrebbe fatto ammissioni su quanto successo. Un coltello è stato trovato nella borsa della donna. Elemento ora al vaglio degli investigatori coordinati dalla Procura di Perugia per stabilire se si tratti dell’arma del delitto. Quando è stato soccorso il bimbo di due anni presentava ferite da taglio al petto. Secondo gli inquirenti “la mole degli indizi raccolti” propende, per una presunta responsabilità della madre del piccolo, la quale sarebbe l’unica ad aver trascorso le ore antecedenti all’evento delittuoso con il piccolo.
C’è anche una foto che ritrae il bambino insanguinato trasmessa molto presumibilmente dalla donna al padre del bimbo in Ungheria tramite una piattaforma social tra gli elementi d’accusa a carico della donna. L’uomo, alla vista dell’immagine ha allertato tutte le Autorità, hanno riferito gli inquirenti.
Ieri la donna è entrata in un supermercato a Pò Bandino, una frazione di Città della Pieve, con un bambino insanguinato di due anni in braccio, lo ha adagiato sul nastro trasportatore, fermo, di una delle casse ed ha cominciato a chiedere aiuto.
I momenti drammatici di quello che per gli inquirenti umbri è un omicidio sono ora in fase di ricostruzione da parte dei carabinieri per chiarire cosa sia realmente successo ieri pomeriggio nella tranquilla cittadina nel cuore dell’Italia. Una vicenda ancora tutta da chiarire per accertare eventuali responsabilità. Il bimbo aveva alcune ferite da arma da taglio, forse all’addome e al collo ma questo è uno dei particolari che ancora devono essere stabiliti con certezza, sembra con tutta probabilità una o più coltellate.
La donna, sia al personale del supermercato, sia agli investigatori dell’Arma è apparsa in stato confusionale e avrebbe poi fornito diverse versioni ritenute contrastanti sul perché di quelle lesioni risultate mortali.
Dopo avere lasciato il bimbo non si è allontanata, ma è rimasta sul posto venendo quindi bloccata dai carabinieri. Il personale dell’Arma ha immediatamente avviato i rilievi, anche con i militari specializzati nei rilievi scientifici, e transennato l’area attorno al supermercato. E proprio all’esterno del supermercato è stato trovato un passeggino con alcune tracce di sangue, uno degli elementi al vaglio degli investigatori, coordinati dalla Procura di Perugia, che stanno in queste ore cercando di ricostruire quello che è successo. Transennato anche un casolare dismesso e abbandonato a poche centinaia di metri dal supermercato.
Tra le ipotesi quella che il bimbo possa essere stato ferito nello o davanti allo stabile e poi portato nel negozio. Non è però ancora chiaro se il piccolo fosse già deceduto quando la donna lo ha portato nel supermercato. Per stabilire come, quando e dove sia morto gli inquirenti sono in attesa dei rilievi del medico legale.
Uno dei punti principali da chiarire è dove e come siano state provocate le ferite. La donna, probabilmente di origini straniere, e il bimbo non vivevano a Città della Pieve ma in una casa famiglia fuori regione. All’estero si troverebbe invece il padre. L’indagine dovrà ora accertare come e perché il bambino e quella che sembra essere la madre si trovassero a Città della Pieve. “Quello che è certo – ha detto il sindaco del centro umbro Fausto Risini – è che si tratta di una grande tragedia accaduta in un centro piccolo e tranquillo, ora sconvolto. Siamo vicini alla famiglia e a chi sta provando tanto dolore in questo momento”.
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