A confermarlo lo studio legale, di Roma, degli avvocati Antonio Conte e Gabriele Zuccheretti, che rappresentano da agosto l’ex difensore e capitano dei bianconeri, trasferito nell’ultima finestra di mercato all’Union Berlino.
A quanto si apprende l’avvocato Conte ha dato seguito all’azione giudiziaria prevista dall’accordo collettivo.
Bonucci devolverà qualunque cifra dovesse scaturire dall’azione legale a due realtà molto vicine a lui: Neuroland, associazione che sostiene le famiglie dei bambini ricoverati nel reparto di neurochirurgia pediatrica dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, e Live Onlus, che attraverso il ricavato di aste di materiali appartenuti a sportivi di alto profilo acquista e dona defibrillatori da destinare a società sportive, scuole e comuni.
Nell’istanza di arbitrato la difesa di Bonucci ha nominato il prof. Massimo Coccia come arbitro di propria designazione.
La querelle tra il giocatore e la società bianconera era incominciata alla ripresa della preparazione per l’inizio della nuova stagione.
Bonucci non “faceva più parte del progetto” di Massimiliano Allegri.
Per Bonucci questa decisione non rappresenta una “guerra personale” contro la Juventus, ma si tratta di una questione di legittimo principio da portare avanti anche per tutti quei calciatori che ciclicamente si trovano alle prese con situazioni simili e non hanno la possibilità o la forza di reagire, come la stessa AIC ha compreso.
Dopo essere stato messo fuori rosa dalla società bianconera, il difensore sostiene di essersi trovato a fronteggiare situazioni anomale per un professionista: ha dovuto svolgere allenamenti serali in orari differenti rispetto a quelli della prima squadra e mai in presenza dello staff tecnico della stessa, inoltre non avrebbe avuto la possibilità di usufruire di palestra, piscina e ristorante, resi inaccessibili dal club o comunque senza la necessaria assistenza. Infine, il mancato inserimento nella lista dei calciatori schierabili in campionato ha toccato nel profondo Bonucci, il quale si è sentito volutamente abbandonato a sé stesso con una strategia, dal suo punto di vista, palesemente premeditata.
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