Pubblicato il 21 Marzo 2025
Un calvario clinico senza fine: il lavoratore perde anche le dita dopo le gambe
Non si arresta il tragico percorso clinico del 46enne lavoratore agricolo indiano, ricoverato da circa due mesi presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. I medici dell’Unità di terapia intensiva cardiologica hanno combattuto con ogni mezzo per arrestare il deterioramento fisico dell’uomo, ma il quadro clinico si è rivelato sempre più grave. Dopo la doppia amputazione degli arti inferiori, è stato necessario intervenire nuovamente per rimuovere le dita della mano sinistra.
Un’origine incerta: malattia autoimmune o intossicazione da fitofarmaci?
Inizialmente, il caso era stato archiviato come una patologia autoimmune, una diagnosi resa complicata anche dalla barriera linguistica e dallo stato di isolamento sociale del paziente. Ma il quadro clinico ha assunto contorni inquietanti solo in un secondo momento, quando l’uomo ha raccontato – tramite un interprete – di aver lavorato a stretto contatto con potenti pesticidi, senza indossare alcuna protezione. I primi sintomi, come bruciore a mani e piedi, erano comparsi già durante le giornate nei campi, ma erano stati ignorati o sottovalutati.
Il trasferimento e la diagnosi tardiva: bruciature e crisi cardiaca
Il 46enne è stato trasferito più volte, da Pomezia a Roma, fino all’arrivo al nosocomio pontino. A quel punto, i danni erano ormai irreversibili. Sul corpo erano visibili segni di ustioni, ma nonostante ciò, nessun accertamento tossicologico iniziale è stato eseguito per verificare l’eventuale esposizione a sostanze chimiche. Questo ha alimentato dubbi e interrogativi sull’intera gestione del caso.
L’ombra dello sfruttamento sullo sfondo del silenzio
Se venisse confermata l’ipotesi di intossicazione da pesticidi, il caso rappresenterebbe un segnale allarmante sulle condizioni di sicurezza nei campi. La mancanza di dispositivi di protezione, unita al ritardo nella diagnosi, potrebbero configurare un grave caso di sfruttamento e violazione delle norme sanitarie. Tuttavia, l’assenza di prove dirette rischia di lasciare la vicenda senza giustizia, aggiungendo amarezza a una storia già segnata da dolore e marginalità.