Brescia, evade il fisco e sotterra 15mln di euro: condannata intera famiglia

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Quattro anni di carcere.

A tanto è stato condannato Giuliano Rossini, bresciano di 42 anni, che aveva sotterrato nel giardino di casa 15 milioni di euro.

Sono il frutto di evasione fiscale nell’ambito di una maxi frode da mezzo miliardo di euro e da 90 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti.

Al termine del processo di primo grado, celebrato a Brescia con rito abbreviato, è stata condannata anche la moglie, a quattro anni, il figlio e la cognata a 3 anni, 10 mesi e 20 giorni.

A fine dell’estate del 2022, i carabinieri e la guardia di finanza trovarono 8 milioni di euro nascosti sottoterra nel loro giardino.

Altri 6, poi, furono trovati in diversi nascondigli all’interno della casa loro e dei più stretti congiunti. In totale, ammonterebbero a 93 milioni le imposte non pagate.

Per gli inquirenti i coniugi Rossini sarebbero stati al vertice dell’organizzazione che avrebbe emesso fatture false per oltre mezzo miliardo di euro, con un’evasione fiscale stimata in 93 milioni. Soldi in contanti erano stati sotterrati nel giardino di casa a Gussago, e ancora nelle abitazioni, nei muri, in cantina, nel freezer nella stessa abitazione e in una seconda villetta, a Brione. La scorsa estate le indagini avevano portato all’esecuzione di 27 misure cautelari personali di cui 8 in carcere, 14 ai domiciliari e 5 obblighi di dimora, nonché il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e quote societarie per oltre 93 milioni di euro.

Per gli inquirenti la coppia era a capo del sodalizio disarticolato dalla Guardia di finanza e dai carabinieri di Gardone Valtrompia al termine di una indagine che ha fatto emergere un presunto giro di fatture emesse per operazioni inesistenti “da parte di società di comodo a copertura di acquisti in nero di materiale ferroso e non ferroso e restituzione in denaro contante di quanto corrisposto dai destinatari delle fatture, al fine di evasione fiscale, riciclaggio e autoriciclaggio dei profitti conseguiti con la frode verso l’erario”.

Ad aiutarli nella loro attività c’era anche il figlio Emanuele e la sorella di lei, Marta Fornari.

Il ragazzo per gli inquirenti si sarebbe occupato “della creazione delle fatture per operazioni inesistenti e di falsi documenti di trasporto delle società cartiere”. La zia, otto anni più grande, insieme con la nipote si sarebbe, invece, occupata principalmente delle consegne di denaro contante ai clienti “a restituzione dei pagamenti delle false fatture”.

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Redazione Nazionale

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