Pubblicato il 29 Novembre 2023
“Santo Padre mi aiuti. Mi affido alle sue mani e alla Sua Volontà. Chiedo aiuto per tutelare il diritto agli affetti e all’amore che lega una madre ai figli indipendentemente dalla povertà e dalle difficoltà di vita”.
Si chiude così l’appello a papa Bergoglio di Palma, la madre di una delle due bimbe vittime di violenza sessuale a Caivano.
La donna ha scritto un’accorata lettera al pontefice con la quale ripercorre la sua vita costellata di degrado e dolore: “Santo Padre, sono la mamma di una delle due bimbe coinvolte negli stupri di Caivano. Lei potrà immaginare quanto tutto quello che è successo è stato devastante anche per me e per gli altri miei figli di cui mi hanno lasciato solo quello appena maggiorenne. Mia figlia si trova ora in una casa-famiglia da circa tre mesi. Il Tribunale, forse per il clamore mediatico che è seguito a questa orribile vicenda, ha però stabilito che anche gli altri miei due figli fossero collocati in una casa-famiglia. Ma non solo”.
Che spiega: “Io ho avuto un matrimonio sbagliato. Ho subito le angherie e lo sfruttamento di mio marito nella consapevolezza che non potevo andare da nessuna parte con scarsa istruzione e senza un lavoro, senza neanche avere o sapere a chi poter chiedere aiuto. La disperazione non la si può spiegare a chi non l’ha provata. Vivere in un contesto sociale dal quale sai di non poter andare via e che non ti concede alternative è difficile da comprendere per chi non ne fa parte. Per dimenticare le pene nell’ultimo periodo mi ero rifugiata nell’alcol e me ne pento tanto, ora che fortunatamente ho avuto la forza di reagire. Ma non avevo davvero nulla altro per poter sopportare il degrado del luogo e la grettezza delle persone”.
La mamma della bambina spiega quindi di essere riuscita ad andarsene da Caivano, di essere tornata dalla sua famiglia, e si chiede “cosa ci sia di cristiano in questo forzoso allontanamento” dai suoi figli. “Anche una madre detenuta può vedere i propri figli. Ed io non ho nemmeno avuto mai una denuncia. In che modo la telefonata o l’abbraccio di una mamma può fare un danno ad un figlio?”
“Anche le Istituzioni – scrive la donna nella lettera al pontefice – si sono girate dall’altra parte, mai una parola di conforto, mai un abbraccio, nessun aiuto nonostante le mie richieste. Ora solo grazie ai miei avvocati sono riuscita a fuggire da Caivano, ho fatto un percorso psicoterapeutico e medico che mi ha aiutato. Sono tornata dalla mia famiglia e vivo con mio padre e mia madre a Napoli. Anche il mio figlio maggiorenne è fuggito con me perché l’amore che ci lega è tanto. Non bevo più e sono fuori e mi sono allontanata da quell’inferno. Sono indirettamente vittima delle violenze fisiche fatte a mia figlia e al contempo oggi sono vittima di un sistema giudiziario che senza pensare anche ai miei bisogni umani e di madre, e mi impedisce finanche di telefonare ai miei bambini”.
“Io mi chiedo – continua – cosa ci sia di cristiano in questo forzoso allontanamento da loro. Anche una madre detenuta può vedere i propri figli. Esistono procedure e modalità protette o assistite ma è disumano quanto imposto a me. Ed io non ho nemmeno avuto mai una denuncia. I miei avvocati, Angelo Pisani ed Antonella Esposito mi hanno difesa gratuitamente, hanno chiesto inutilmente a tutti di farmi almeno sentire in modalità protette i miei figli e mi stanno anche aiutando a scrivere in italiano questa lettera. Hanno presentato due istanze al Tribunale per i minorenni proprio per chiedere almeno la revoca di questo blocco totale. In che modo la telefonata o l’abbraccio di una mamma può fare un danno ad un figlio? Quanto devo pagare la mia sfortuna pur non avendo commesso, anche secondo la Giustizia, alcun reato?”.
“Io ho Fede. Ed anche la profonda convinzione – conclude la donna – che anche quello che ci sembra ingiusto nella vita quotidiana ha un suo disegno perfetto in Dio. Ho imparato che le cose negative spesso poi nel tempo si rivelano positive. Ed in questo riconosco appunto la Divina Provvidenza. Ho imparato a pregare affidandomi alla Sua volontà e non chiedendo più qualcosa che credo sia buono per me. Ma ora non sono così forte. E vacillo. Desidero parlare e vedere i miei figli. Se qualcuno un giorno deciderà che ho colpe e che devo pagarle sono pronta. Ho già pagato vedendo la mia bambina violentata. Ma non voglio che paghino anche i miei figli. Perché non riesco ad immaginare che anche questo possa essere buono. Santo Padre mi aiuti. Mi affido alle sue mani ed alla Sua Volontà. Chiedo aiuto per tutelare il diritto agli affetti e all’ amore che lega una madre ai figli indipendentemente dalla povertà e/o dalle difficoltà di vita”.