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Stefano Turchi

Ex calciatore malato di sla aggredito al termine di una partita di campionato giovanile

Pubblicato il 5 Aprile 2023

Ennesimo episodio di follia nell’ambito di un incontro di calcio giovanile.

Vittima l’ex calciatore professionista Stefano Turchi, aggredito al termine di una partita valevole per il campionato di calcio Allievi Élite Under 17 ad Albano Sant’Alessandro tra l’Uesse Sarnico ed il Brusaporto, club in cui riveste il ruolo di dirigente del settore giovanile.

Stando alla ricostruzione fornita dall’Eco di Bergamo, il genitore di uno dei ragazzi dell’Uesse avrebbe colpito l’ex calciatore che si trovava a bordo campo su una sedia a rotelle, essendogli stata diagnosticata nel 2007 una forma di sclerosi laterale amiotrofica a causa della quale ha difficoltà nel camminare.

A fermare l’aggressione, seguente all’invito alla calma rivolto da Turchi al genitore che stava inveendo verso chi si trovava sul rettangolo di gioco, sono poi intervenuti alcuni dirigenti del Brusaporto, che sono stati poi menzionati in qualità di testimoni nella querela depositata ai Carabinieri.

L’ex calciatore è stato successivamente condotto all’Ospedale di Seriate dove è stato medicato e curato dopo la diagnosi di un trauma cranico seguente agli esami diagnostici effettuati. Nato a Pistoia il 13 gennaio del 1969, Stefano Turchi, che ha vestito anche le maglie della Vis Pesaro e dell’Ancona (in serie B), è conosciuto e stimato dai tifosi teatini per le sue stagioni all’Angelini.

Intervistato dal Corriere della Sera l’ex calciatore ha espresso tutto il suo disappunto per quanto subito: “Così non si fa calcio, sono distrutto moralmente. Sono anche spaventato al pensiero che una persona come me che ama il calcio e che si trova in condizione di non potersi difendere può diventare vittima di una tragedia. Sto pensando di abbandonare tutto, di farmi indietro, nonostante tutta la mia vita sia stata dedicata al calcio. I genitori hanno ambizioni fortissime e non si accorgono che i loro figli crescono in famiglie disastrate. Ci lasciano i ragazzi come se il calcio fosse la loro casa senza preoccuparsi del fallimento educativo. Quel papà che mi ha aggredito non è certo un bell’esempio. Ha delle responsabilità anche verso il figlio per il gesto che ha compiuto”