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Verdone

Carlo Verdone esasperato da Roma, “Amo la mia città, ma penso spesso: famme scappà via…”

Pubblicato il 6 Agosto 2024

“Non ne posso più. Ci penso davvero, due o tre volte a settimana: famme scappa’ via. Non è un problema solo mio, conosco tanti amici che stanno valutando concretamente di andarsene da Roma. È la prima volta che succede”, lo sfogo è di Carlo Verdone, di un romano doc, di uno dei figli più di successo e amati della Capitale.

In una intervista al Il Fatto Quotidiano si esprime con la massima franchezza sulla sua città

“Il caldo rende ancora più invivibile una città così complicata. È un caldo cafone….. di una volgarità incredibile. Aggrava tutto, deprime, scoraggia. Con questa temperatura non ce la facciamo. Ma il declino di questa città non è stagionale, è costante”, denuncia.

“Quando c’è stato l’incendio di Monte Mario ero lì vicino stavo lavorando a piazzale Clodio. Ho provato a tornare a casa, ma tutte le strade erano chiuse per far passare i pompieri e la polizia. Ero pure in scooter, in teoria doveva essere più semplice venirne fuori, invece sono finito incastrato in una specie di bolgia infernale: come mi muovevo trovavo una strada chiusa”, racconta.

“Ero ostaggio, non riuscivo più a tornare a casa. Ho girato in via Ottaviano, pensavo di salvarmi, non l’avessi mai fatto: un cantiere, altra strada chiusa. Ho scoperto che a Roma ci si può ancora perdere alla mia età”, dice con l’ironia amara che lo contraddistingue.. 

“Siamo abituati a un sistema burocratico spaventoso: si rompe un arco, una galleria, arrivano le transenne, ti sequestrano una strada e non sai quando te la ridanno. Entrano in ballo una, due, tre soprintendenze. Qualche anno fa un fulmine colpì la statua di Garibaldi al Gianicolo, non so quanti anni ci sono voluti per rimetterla a posto, per tutto quel tempo lì non si poteva più girare una scena”, afferma..

“Ho sollevato il problema dei gabinetti pubblici. Provi ad affacciarsi per una ventina di minuti da Ponte Garibaldi o da Ponte Sisto, vedrà qualcuno che si cala i pantaloni e lascia un bel ricordo. Glielo garantisco al cento per cento. Mica solo pipì, eh, pure qualche regalo più sostanzioso. Dalla mia finestra vedo ragazzi, ubriaconi – romani e turisti – che si nascondono dietro macchine, statue, alberi. Ogni volta che torni a casa, ti devi controllare le suole delle scarpe. C’è un concorso di colpa, è chiaro: c’entra pure il senso civico delle persone. Ma cara amministrazione, che ci vuole a mettere dei vespasiani?”, continua nella sua analisi.

“Roma è sporca da troppo tempo e questa è la conseguenza. Guardi, le assicuro che non mi trovo a mio agio nel ruolo di chi critica la sua città. Poi mi dicono hai parlato male di Roma. Ma come fai? Come ti giri, non vedi più una strada normale. Non c’è un centimetro di muro che sia stato risparmiato. Tag, firme, scritte, brutture, sfregi. Questa città deve essere considerata come la nostra casa. Quando una casa è tenuta bene, quando ci entri stai attento….Quando è trascurata, invece, ognuno si sente in diritto di trattarla male”.

E poi borseggi nella metropolitana, ben documentati da Simone Cicalone ex pugile e influencer: “Potrebbe tranquillamente essere un mio personaggio. Sotto la metropolitana ci vorrebbero più agenti in borghese, non è un lavoro che può fare chi conta di prendere i like. Certo Roma è talmente grossa, talmente affollata. Ormai, bisogna dire la verità, ci sono più turisti che romani. Mi rendo conto che è tutto complicato, siamo in un momento di declino da tutti i punti di vista. Ma è così strano chiedere meno Cicalone e più polizia?”.