Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di ‘Non una di Meno Catania’ sulla manifestazione indetta per domani, 23 novembre alla Villa Bellini.
Domani, 23 novembre alle ore 18 dalla Villa Bellini, partirà la manifestazione contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere indetta da ‘Non una di meno Catania’. Nel frattempo, anche a Roma e Palermo si svolgeranno due manifestazioni nazionali, oltre a innumerevoli altre iniziative su tutto il territorio italiano.
Irene di ‘Non Una Di Meno Catania’ dichiara che “È passato un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin (nella foto d’apertura) e altri nomi si sono aggiunti, e rimasti anonimi, di ragazze, adulte, anziane, persone trans uccise. Ad oggi sono 104 i femminicidi, trans*cidi e lesbicidi registrati nel 2024 dall’Osservatorio di Non Una di Meno (dati
aggiornati all’8 novembre 2024 https://osservatorionazionale.nonunadimeno.net/ ). Scendiamo in piazza perché continuano ad ucciderci e perché è sempre più urgente la nostra presa di parola contro il sistema violento che viviamo, violenza che trova nel femminicidio la sua massima espressione”. “Nel nostro Paese il Ministro dell’Istruzione si permette di dire che il patriarcato non esiste” continua Irene “ma noi sappiamo bene che le violenze e i femminicidi non sono che la punta dell’iceberg, l’espressione più manifesta di una violenza strutturale e pervasiva che esprime la sua forza in tutti gli ambiti delle nostre vite”.
“La violenza patriarcale non solo esiste, ma è sostenuta dalla deriva identitaria e autoritaria che viviamo nel nostro paese. Quali interventi ha portato avanti il governo per contrastare la violenza di genere? Nessuno, anzi, sono stati attaccati i percorsi di fuoriuscita dalla violenza e i centri antiviolenza femministi, sono stati neutralizzati dal mercato dei bandi pubblici e trasformati in servizi socio-assistenziali che non puntano sull’autodeterminazione e sull’autonomia. Allo stesso modo, nessun intervento educativo è stato implementato, nonostante la propaganda politica del ministro Valditara che un anno fa lanciava il fantomatico progetto Educare alle relazioni, un progetto che, già nelle intenzioni, era totalmente
inadatto e che tagliava fuori tutti gli enti pubblici o privati che da sempre, e con difficoltà, si occupano di violenza.”
“Nel frattempo assistiamo all’attacco subdolo al diritto d’aborto, all’alleanza con le organizzazioni antiabortiste, allo smantellamento dei consultori, e della sanità pubblica nel suo complesso. Assistiamo all’attacco deliberato e criminale alla scuola pubblica. Assistiamo alla “crociata antigender”, che altro non è che il tentativo maschilista e misogino di segregazione di genere, all’attacco ai percorsi di affermazione di genere; alla propaganda a sostegno della famiglia, che però non si concretizza in nessuna misura di supporto materiale alla genitorialità, ma solo in un diktat riproduttivo. Alla violenza razzista di stato, perpetuata attraverso i CPR e il mancato soccorso alle migranti che attraversano il Mediterraneo. Al D.D.L.
Sicurezza che attacca diritti e libertà, incrementa la circolazione delle armi, moltiplica i provvedimenti disciplinari e attacca il diritto al dissenso. E infine assistiamo alla guerra, espressione più brutale della violenza patriarcale, che diventa paradigma delle relazioni sociali: normalizza la violenza, disumanizza i
corpi, cancella i percorsi di liberazione in nome della logica del nemico che tutto schiaccia. Questo per noi è patriarcato, questa è la violenza che combattiamo ogni giorno.”
“Scendiamo in piazza al grido “Disarmiamo il patriarcato” conclude Irene “perché abbiamo altre priorità che la logica geopolitica cancella: lottiamo contro la violenza e la cultura dello stupro che ci opprimono, contro i confini interni e esterni, contro la militarizzazione dei territori e la devastazione ambientale ormai dispiegate e presenti nel nostro quotidiano. Disarmiamo il patriarcato, per fermare la guerra, nelle case, sui corpi, sui territori e sulle nostre vite.”
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