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Catania, Enzo Ercolano assolto dall’accusa di associazione mafiosa dalla Corte d’Appello: rideterminata la pena

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Processo a Catania dopo annullamento con rinvio della Cassazione. I giudici hanno anche disposto la revoca della confisca dei beni nei confronti di Cosima Palma Ercolano, sorella di ‘Enzo’

La prima Corte d’appello ha assolto Vincenzo Enrico Augusto ‘Enzo’ Ercolano dall’accusa di associazione mafiosa, e lo ha condannato, rideterminando la pena, a undici anni e nove mesi di reclusione per estorsione e intestazione fittizia di beni.

La sentenza è stata emessa, su parere conforme della Procura generale, dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio quella, sempre di secondo grado, del 5 maggio del 2018, che aveva condannato a 12 anni e nove mesi di reclusione il figlio del capomafia deceduto Pippo e fratello del boss Aldo, assistito dall’avvocata Valeria Rizzo.

La Corte d’appello ha anche rideterminato la condanna comminata a Michele Guardo, difeso dall’avvocato Sergio Ziccone, che passa da sette anni a cinque anni e undici mesi di reclusione.
Condanna che quindi ha già scontato. I giudici hanno anche disposto la revoca della confisca dei beni nei confronti di Cosima Palma Ercolano, sorella di ‘Enzo’, che era già uscita dal processo con sentenza di non luogo a procedere per avvenuta prescrizione.

La Corte d’appello depositerà le motivazioni entro i prossimi 90 giorni. Il processo è stato incardinato sull’operazione Caronte dei Carabinieri del Ros, coordinati dalla Dda di Catania, sfociata, il 20 novembre del 2014, nell’arresto di 23 persone con l’accusa di associazione mafiosa. L’inchiesta si era avvalsa anche di intercettazioni compiute durante una fase storica particolarmente delicata per Cosa nostra etnea e cioè alla fine del 2009, quando stava per esplodere una guerra di mafia tra la famiglia Santapaola-Ercolano e il cartello dei Carateddi. Gli intercettati, inoltre, avrebbero esaltato la figura di quel ‘simbolo’, individuato in Benedetto ‘Nitto’ Santapaola, che al vertice della gerarchia mafiosa etnea tutt’ora esistente, era parte della ‘storia’ e non poteva essere soppiantato certamente dai nuovi boss. Fonte Ansa

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Redazione Catania

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