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Chantal Borgonovo: “Mihajlovic e Vialli già dimenticati. Dà fastidio parlarne”

Pubblicato il 18 Marzo 2023

“Sono convinta che senza calcio non si sarebbe ammalato. Le morti di Vialli e Mihajlovic hanno riaperto vecchie ferite ma a nessuno interessa indagare”.

Così Chantal, la vedova di Stefano Borgonovo, morto di Sla nel 2013.

L’ex calciatore avrebbe compiuto 59 anni ieri. 

Dal giorno della sua morte altri ex calciatori hanno perso la vita a causa della stessa malattia.

Secondo uno studio epidemiologico, presentato ad agosto dello scorso anno al meeting annuale dell’American Academy of Neurology di Philadelphia, il rischio di un calciatore di ammalarsi di Sla è di 6 volte superiore alla media.

La vedova di Borgonovo in un’intervista rilasciata a Il Giorno, durante la quale sono tornate alla mente le morti recenti di Sinisa Mihajlovic, stroncato dalla leucemia, e di Gianluca Vialli, ucciso dal tumore al pancreas.

Nulla a che vedere con la Sla, ma Chantal ne è rimasta colpita: “Tragedie che hanno riaperto vecchie ferite, mi hanno indotto a ulteriori riflessioni, mi hanno ricordato momenti drammatici. La Sla in particolare ha colpito negli anni troppi calciatori, sia più giovani o adulti. Lo dicono le statistiche e le ricerche più recenti. Se Stefano avesse fatto un altro tipo di vita, non si sarebbe ammalato. Purtroppo il perché e il per come non lo sa nessuno. Sono anni che attendo delle risposte. Quando Stefano giocava tutto ciò che riguardava la gestione sanitaria era affidata al medico sociale, di cui mio marito aveva fiducia. Non ha mai preso volontariamente farmaci strani, assumeva qualcosa solo sotto il controllo dello staff sanitario se prescritto”.

Dopo le morti di Mihajlovic e Vialli molti atleti hanno rotto il muro dell’omertà raccontando le proprie paure e la vedova Borgonovo incalza: “Una cosa è sicura, erano della stessa generazione di Stefano o di quella successiva, quindi si conoscevano avendo fatto lo stesso lavoro. Il calcio è un ambiente molto ristretto. Certamente hanno riaperto una questione che, però, vedo si è richiusa altrettanto rapidamente. Di sicuro dà fastidio parlarne, non so se dipenda da interessi economici o da altro. Ma è giusto ricordare che tutte le indagini su queste malattie sono state fatte da ricercatori che non appartengono al mondo del calcio. Dovrebbe essere un dovere sociale capire e rassicurare, invece non interessa”.