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Chi è Dina Dore, la storia raccontata questa sera a Faking It

Questa sera alle 21:25 su Nove su “Faking It – Bugie criminali”, dove Pino Rinaldi con esperti del crimine analizza i casi più torbidi della cronaca nera italiana, si esamina il delitto di Dina Dore, uccisa nel 2008 in condizioni misteriose.

Pubblicato il 17 Giugno 2024

Questa sera alle 21:25 su Nove su “Faking It – Bugie criminali”, dove Pino Rinaldi con esperti del crimine analizza i casi più torbidi della cronaca nera italiana, si esamina il delitto di Dina Dore, uccisa nel 2008 in condizioni misteriose.

L’agghiacciante femminicidio di Dina Dore

I tragici fatti si svolsero il 26 marzo 2008 nella tranquilla cittadina di Gavoi, in provincia di Nuoro, dove Dina Dore, moglie del rispettato dentista Francesco Rocca e mamma di una piccola bimba di soli 8 mesi, venne ritrovata morta in circostanze agghiaccianti.

A fare la scoperta fu proprio Francesco che, ritornando a casa, trovò la figlia Elisabetta sotto choc e al freddo seduta nel seggiolino in garage, con tantissimo sangue sparso a terra. Dina era stata aggredita, immobilizzata con del nastro adesivo e nascosta nel bagagliaio della sua auto, una Punto rossa, dove il suo corpo fu ritrovato più tardi.

Un rapimento?

Sin da subito si pensò ad un rapimento finito male, benché l’uccisione della vittima apparve a dir poco sospetta. Uccidere l’ostaggio infatti avrebbe significato per i rapitori l’impossibilità di chiedere un riscatto.

Tuttavia in passato la famiglia Rocca era già stata vittima di un tentato rapimento. Anni prima infatti dei balordi cercarono di rapire don Tonino Rocca, padre di Francesco, ex sindaco di Gavoi e molto conosciuto in zona.

Gli inquirenti per un po’ seguirono questa pista sbagliata che fece perdere molto tempo, indagando tra gli ambienti della piccola malavita locale, senza però riuscire a trovare una pista concreta da seguire.

La svolta

Benché gli inquirenti riuscirono a trovare un frammento di DNA sul nastro adesivo utilizzato per immobilizzare Dina, non c’era un sospetto con cui confrontare il campione. L’indagine sembrava essere finita in un vicolo cieco, ma poi ci fu l’improvvisa svolta.

Un certo Stefano Lai si fece avanti e raccontò agli inquirenti che Pierpaolo Contu, un suo conoscente minorenne all’epoca dei fatti, gli rivelò di aver ucciso Dina su commissione di Francesco Rocca per 250.000 euro. Poco dopo Graziella Dore, sorella di Dina, ritrovò sul parabrezza una lettera anonima, una sorta di racconto che spiegava per filo e per segno come erano andate realmente le cose.

Dai test del DNA estratto dal nastro adesivo usato per immobilizzare Dina emersero delle corrispondenze con il DNA di Lai e così gli inquirenti piano piano iniziano a delineare un quadro fosco e agghiacciante di un delitto maturato all’interno delle 4 mura domestiche.

La doppia vita di Francesco Rocca

Intanto dopo diversi mesi dalla morte della moglie Francesco Rocca si fidanzò con Anna Guiso, la sua assistente, assunta proprio per sostituire Dina rimasta incinta di Elisabetta. Apparentemente non sembrò nulla di strano, anzi, molti ritenevano in paese che Francesco avesse il diritto di rifarsi una vita.

Tuttavia le dichiarazioni di Lai squarciarono il velo sulla doppia vita di Francesco Rocca e sul rapporto tutt’altro che idilliaco con la moglie Dina. Sul banco dei testimoni finì anche Anna Gauso, la quale dichiarò che Rocca le aveva rivelato di amarla e che a lui non era mai fregato nulla della moglie. “Meritava la fine che ha fatto” – le disse in tono freddo e sprezzante.

Dopo un po’ di tempo però la Gauso, oppressa dalle attenzioni maniacali di Rocca, decise di licenziarsi nel 2009 e di interrompere la relazione e da lì iniziarono i problemi. Rocca iniziò a pedinarla ovunque, gli mandava sms minacciosi e quando la vedeva sputava a terra o mimava col dito il gesto della gola tagliata, arrivando a minacciarla addirittura con la pistola qualche volta.

La condanna

Contu venne processato come esecutore materiale dell’assassinio di Dina Dore e, dopo 3 gradi di giudizio, fu condannato a 16 anni di carcere. Andò decisamente peggio a Francesco Rocca che, individuato come il mandante del terribile delitto, fu condannato all’ergastolo.

Nonostante tutto per i giudici le motivazioni del femminicidio erano di natura economica e non passionale. In caso di divorzio da Dina Dore, per stare con l’assistente Anna Guiso, infatti Rocca avrebbe disperso i beni di famiglia. Al contrario, in caso di morte di Dina, avrebbe mantenuto intatto il suo patrimonio e potuto ricominciare una nuova vita con la Guiso.