Pubblicato il 12 Agosto 2021
“C’è il concreto rischio di alimentare un circuito illegale e irregolare legato alla presenza di cinghiali e daini nel territorio madonita, che favorirebbe di fatto l’attività di bracconaggio oltre ad un mercato e pratiche di autoconsumo di carne non adeguatamente controllata dal punto di vista sanitario e commerciale.”
Questa la pesante denuncia di Valentina Palmeri, deputata regionale dei Verdi, che ha presentato una interrogazione urgente al Presidente della Regione e agli Assessori per l’ambiente, per la salute e per l’agricoltura ed ha chiesto di accedere a tutti gli atti e documenti a supporto delle scelte operate dal Governo.
Palmeri ha così denunciato le modalità scelte dalla Regione per l’attuazione del piano di controllo e contrasto alla presenza di suidi e daini nel territorio delle Madonie.
Il testo dell’interrogazione, arrivato via mail in redazione, prosegue così: “Da anni gli agricoltori madoniti lamentano ingenti danni a causa della presenza incontrollata di cinghiali e daini, arbitrariamente e sconsideratamente introdotti negli anni passati”, ma sottolinea anche che “secondo alcuni esperti gli animali verrebbero tuttora illecitamente inseriti nel territorio da cuccioli, ed attirati in più zone con il cibo al fine di alimentare l’attività venatoria, concretizzando e rafforzando il disegno criminale che porta all’introduzione illegale di tali specie in diverse zone dell’Isola. il Piano per il contenimento dei daini e dei cinghiali messo a punto dalla Regione siciliana e dall’ente Parco delle Madonie prevede di attirare gli esemplari all’interno di un recinto già esistente e di un altro che verrà appositamente costruito, dove poi, sotto il controllo dei funzionari del Parco, quelli individuati dai sele-controllori, verranno abbattuti; le carcasse andranno al mattatoio e andranno a foraggiare la filiera della carne per il consumo fresco, la ristorazione o la trasformazione in salumi. Con queste modalità – conclude la deputata di Europa Verde – non vi è alcun sistema di controllo sanitario sui capi abbattuti e sulla loro destinazione, alimentando di fatto ogni possibile elusione delle normative sulla salute pubblica. Inoltre, questa generalizzata attività di vera e propria caccia non gestita da guardiaparco o altro personale della pubblica amministrazione, rischia di fatto di trasformarsi in una “normalizzazione” del bracconaggio. Un fatto ancor più inaccettabile proprio nel momento in cui le aree verdi della Sicilia stanno subendo un attacco violentissimo ed esteso con incendi che hanno distrutto migliaia di ettari compromettendo l’habitat naturale floro-faunistico.”