Il 2 febbraio 2021, il ROS, con il supporto dei Carabinieri dei Comandi Provinciali di Agrigento, Trapani, Caltanissetta e Palermo, del XII Reggimento “Sicilia”, dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia” e del 9° Nucleo Elicotteri, ha dato esecuzione ad un Decreto di Fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nei confronti di 23 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso (cosa nostra e stidda), concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione ed altri reati aggravati poiché commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso.
Le indagini[1], avviate nel 2018, si sono sviluppate nella parte centro orientale della provincia di Agrigento ove risulta attivo il mandamento mafioso di Canicattì (AG) che costituisce tuttora l’epicentro del potere mafioso dell’ergastolano campobellese FALSONE Giuseppe, pure destinatario del provvedimento precautelare in esame in quanto risultato a capo della provincia mafiosa di Agrigento.
Le attività investigative, nel fare luce sugli assetti di cosa nostra agrigentina ed in particolare del suddetto mandamento, hanno consentito di documentare, l’attuale operatività delle sue articolazioni territoriali, rappresentate dalle famiglie di Canicattì, Campobello di Licata, Ravanusa e Licata, nonché individuarne gli esponenti di maggior rilievo.
Sono emersi, tra gli altri, DI CARO Calogero, capo del mandamento, BUGGEA Giancarlo, rappresentante del citato FALSONE e organizzatore del mandamento, nonchèBONCORI Luigi, capo della famiglia di Ravanusa.
In tale cornice, nell’ambito delle dinamiche associative delle articolazioni mafiose oggetto di indagine, ruolo di rilievo ha ricoperto PORCELLO Angela, compagna di BUGGEA Giancarlo, che, in qualità di difensore di numerosi affiliati del mandamento, tra cui lo stesso FALSONE, sfruttando le garanzie del mandato difensivo, ha messo a disposizione degli stessi il proprio studio legale per l’esecuzione di summit mafiosi, ritenendolo luogo non soggetto ad investigazioni.
Presso lo studio, infatti, si sono svolti incontri che hanno riguardato esponenti mafiosi di primo piano quali BONCORI Luigi (capo della famiglia mafiosa di Ravanusa), SICILIA Giuseppe (capo della famiglia di Favara), LAURIA Giovanni (capo della famiglia mafiosa di Licata), CASTELLO Simone (uomo d’onore di Villabate, già fedelissimo di Bernardo PROVENZANO) e CHIAZZA Antonino (esponente di vertice della rinata stidda).
Sul punto gli elementi raccolti hanno altresì permesso di accertare che FALSONE Giuseppe, sottoposto al regime ex art. 41 bis OP, oltre a riuscire ad interagire con altri uomini d’onore (diversi da quelli con cui svolge i previsti periodi di socialità) a loro volta sottoposti al medesimo regime detentivo, servendosi del menzionato Avv. PORCELLO Angela, ha veicolato e ricevuto informazioni, mantenendo così la direzione operativa della provincia mafiosa di Agrigento.
Inoltre, sono stati ricostruiti i qualificati rapporti tra i rappresentanti del mandamento di Canicattì con esponenti di altre omologhe strutture delle province di Agrigento, Trapani, Catania e Palermo, sintomatici della perdurante unitarietà dell’organizzazione.
In proposito, particolarmente rilevanti sono i contatti con esponenti della famiglia GAMBINO di cosa nostra newyorkese, interessata ad avviare articolate attività di riciclaggio di denaro con cosa nostra siciliana.
Le investigazioni hanno inoltre messo in luce la rinnovata presenza nel territorio del mandamento di Canicattì della stidda, organizzazione mafiosa ricostituitasi intorno alle figure degli ergastolani semiliberi GALLEA Antonio[2] (ritenuto responsabile, quale mandante, dell’omicidio del Giudice Rosario LIVATINO avvenuto il 21 settembre 1990) e RINALLO Santo Gioacchino la quale, persistendo la situazione di pacificazione risalente agli anni ’90, opera in rapporti di sinergia criminale con cosa nostra, sia per la risoluzione di problematiche che per la spartizione delle attività criminali.
Oltre al generalizzato controllo della criminalità comune, estremamente significative sono le infiltrazioni di cosa nostra e della stidda nelle attività economiche.
Al riguardo, grande rilievo assume il controllo e lo sfruttamento del lucrosissimo settore commerciale delle transazioni per la vendita di uva e di altri prodotti ortofrutticoli della provincia di Agrigento che, oltre a garantire rilevantissime entrate nelle casse delle organizzazioni, permetteva loro di consolidare il già rilevante controllo del territorio[3].
In tale quadro, è stato pure sventato un progetto omicidiario organizzato dagli esponenti della stidda in danno di un mediatore e un imprenditore che non avevano corrisposto – a titolo estorsivo – alla nominata associazione mafiosa parte dei guadagni realizzati con le loro attività.
Tra le linee d’azione considerate più importanti da cosa nostra vi è quella dell’inabissamento, esigenza particolarmente sentita anche con riguardo alle inchieste giornalistiche, secondo l’esempio di PROVENZANO Bernardo per il quale rimanere invisibile era una inderogabile regola di vita.
La particolare ampiezza dell’azione investigativa ha cristallizzato, inoltre, la perdurante posizione apicale, nell’ambito di cosa nostra, di MESSINA DENARO Matteoche, punto di riferimento decisionale dell’organizzazione, ha continuato a impartire direttive sugli affari illeciti più rilevanti gestiti dal sodalizio nella provincia di Trapani ed in altri luoghi della Sicilia.
Sono stati colpiti, tra gli altri, MESSINA DENARO Matteo e FALSONE Giuseppe rispettivamente al vertice della provincia mafiosa di Trapani e della provincia mafiosa di Agrigento, gli esponenti di vertice di diverse articolazioni mafiose di cosa nostra[4] (mandamento di Canicattì e famiglia di Favara) nonché capi, promotori e organizzatori della rinnovata associazione mafiosa stidda.
[1] L’attività è stata sviluppata in prosecuzione dell’indagine HALYCON cui è conseguito fermo del PM emesso dalla D.D.A. di Palermo ed eseguito il 31.07.2019 nei confronti di 7 indagati per associazione di tipo mafioso e concorso esterno. L’indagine ha ricostruito le dinamiche associative della famiglia di Licata.
[2] Dopo aver espiato 25anni di reclusione, è stato ammesso nel 2015 al beneficio della semilibertà.
[3] Tale settore era gestito da un triumvirato costituito dagli uomini d’onore BUGGEA Giancarlo, GIULIANA Giuseppe e BONCORI Luigi, su mandato di DI CARO Calogero.
[4] Si tratta di DI CARO Calogero capo del mandamento di Canicattì, BUGGEA Giancarlo, diretta espressione di FALSONE Giuseppe, BONCORI Luigi, esponente di vertice della famiglia mafiosa di Ravanusa, GIULIANA Giuseppe, uomo di fiducia di DI CARO Calogero, SICILIA Giuseppe, capo famiglia mafiosa di Favara e l’avv. PORCELLO Angela, attiva con ruolo di promotore e organizzatore nell’ambito della provincia mafiosa di Agrigento.
Un Natale speciale per i piccoli pazienti Nella mattinata di oggi, i Vigili del Fuoco…
L’aggressione segnalata da un anziano Nei giorni scorsi, i Carabinieri della Stazione di Priverno (LT)…
Notte agitata sulle piste da sci del comprensorio 3Cime S.p.A., nelle Dolomiti, dove un uomo…
Controlli intensificati per la sicurezza durante le festività Con l’avvicinarsi del Natale e del Capodanno,…
Un parto improvviso lungo la strada Un evento straordinario ha segnato la vigilia di Natale…
Violenta lite in centro a Latina: donna gravemente ferita Una serata di terrore si è…