« Torna indietro

Donare il sangue: torna l'autoemoteca Avis in piazza del Plebiscito

Cos’è la leucemia mielomonocitica cronica

La leucemia mielomonociticacronica (LMMC) è la più frequente delle sindromi mielodisplastico-mieloproliferative, ed è una malattia caratterizzata dall’aumento di una specifica popolazione di globuli bianchi: i monociti.

Pubblicato il 6 Aprile 2023

La leucemia mielomonociticacronica (LMMC) è la più frequente delle sindromi mielodisplastico-mieloproliferative, ed è una malattia caratterizzata dall’aumento di una specifica popolazione di globuli bianchi: i monociti.

Le sindromi mielodisplastico-mieloproliferative sono un gruppo di patologie a cavallo fra le neoplasie mieloproliferativecroniche, in quanto presentano spesso una proliferazione eccessive delle cellule del sangue, e le sindromi mielodisplastiche, con cui condividono una maturazione anormale dei precursori del midollo.

Una malattia che appare solitamente in età avanzata

La LMMC è una malattia eterogenea, che compare solitamente in età avanzata e che può presentarsi in una forma displastica, in cui prevalgono anemia e neutropenia, oppure in una forma proliferativa, con un numero elevato di globuli bianchi. Vi è sempre un eccesso di monociti nel sangue e nel midollo, e un numero variabile di cellule immature (“blasti”).

La leucemia mielomonocitica cronica è la più comune delle malattie di sovrapposizione SMD/MPN, con una prevalenza stimata in circa il 10% della sindrome mielodisplastica e un’incidenza annuale stimata in 1,0 ogni 100.000 persone. L’età media della comparsa della leucemia mielomonocitica cronica è di 70 anni e una predominanza maschile. La maggior parte dei pazienti presenta caratteristiche non specifiche di ematopoiesi inefficace, in particolare anemia e citopenia, ed eterogeneità clinica.

La prognosi

La prognosi, in maniera simile ma non uguale alle sindromi mielodisplastiche, viene stimata da diversi score, che considerano i valori dell’emocromo, il numero dei blasti, il valore dei globuli bianchi, la citogenetica e, più recentemente, la mutazione in alcuni geni specifici come l’ASXL1.

La cura

Il trapianto allogenico di cellule staminali è l’unico trattamento con potenzialità curative, ma in molti casi – in considerazione dell’elevata età della maggioranza dei pazienti – è di difficile attuazione. Viene comunque raccomandato nei casi ad alto rischio.

Nei casi ad alto rischio non candidabili a trapianto può essere impiegata l’azacitidina e, nei casi proliferativi, l’idrossiurea per controllare la conta dei globuli bianchi.

In caso di anemia, nei pazienti a basso rischio può essere utilizzata l’eritropoietina. Fonte: AIL