Pubblicato il 24 Agosto 2020
“Ho lottato, molto spesso solo, all’inizio. Quando avevo capito che il plasma del paziente convalescente funzionava. Sono stato, a tratti, bistrattato. Ho chiesto, con i miei compagni di viaggio, Dottor Franchini e Dottoressa Glingani, la banca del plasma. Il Veneto l’ha fatta. Ho assistito a scienziati che gioivano per ogni fallimento di questa metodica. Oggi, per me, è una bellissima giornata”. Giuseppe De Donno celebra così su Facebook – con “le lacrime agli occhi”, scrive – la presa di posizione americana sulla terapia con plasma iperimmune, quella che il medico lombardo dalle radici salentine utilizza con successo ormai da mesi all’Ospedale Poma di Mantova, nel quale dirige il reparto di Pneumologia.
Donald Trump ha infatti annunciato ieri, alla vigilia della convention repubblicana di Charlotte, che la Food and Drug Administration ha concesso l’autorizzazione all’uso in emergenza del plasma delle persone guarite dal Covid-19 per curare i malati. “E’ una terapia potente”, ha precisato il presidente Usa, invitando poi tutte le persone guarite dal virus a donare il proprio plasma.
Nemo propheta in patria, dunque. E De Donno, che con la terapia del plasma può vantare percentuali di successo elevatissime nella cura delle sindromi da Covid, deve accontentarsi di gioire come medico per le tante vite che d’ora in avanti potranno essere salvate negli Stati Uniti. Una gioia che dall’Italia non è mai arrivata: a parte qualche ospedale qua e là che ha adottato il protocollo ottenendo risultati immediati e stupefacenti (ricordiamo il caso del colonnello dell’Areonautica uscito dall’incubo dopo soli tre giorni di terapia); a parte i suoi personali successi (tra i quali il primo caso al mondo di donna incinta curata e guarita con la tecnica del plasma iperimmune), dal Governo italiano nessuna considerazione.
Così, mentre gli Stati Uniti vengono tappezzati di manifesti che invitano la popolazione a donare il plasma per prendere parte attivamente alla battaglia contro il coronavirus, in Italia proseguono le sperimentazioni di vaccini, ma alla terapia ancora non si pensa.