All’imputato la Corte ha riconosciuto le attenuanti generiche, le motivazioni saranno rese note tra 30 giorni.
Le dichiarazioni furono rese da Amara in cinque interrogatori, tra il 6 dicembre 2019 e l’11 gennaio 2020, nell’inchiesta sul cosiddetto “falso complotto Eni”, di cui Storari era uno dei titolari insieme alla collega Laura Pedio.
Una consegna avvenuta a Milano nell’aprile del 2020, da stessa ammissione di Storari, a casa di Davigo a cui fu data una chiavetta con gli atti secretati per poter denunciare la presunta inerzia a indagare da parte dei vertici della procura milanese – in particolare dall’allora procuratore di Milano Francesco Greco e dall’aggiunto Pedio – sull’ipotetica loggia Ungheria di cui avrebbero fatto parte personaggi delle istituzioni e delle forze armate, oltre che due componenti del Csm in carica in quel momento.
La Corte presieduta dal giudice Roberto Spanò ha condannato Davigo, ma ha concesso all’imputato “il beneficio della sospensione della pena e la non menzione della condanna nel casellario giudiziario”.
Si chiude così con una condanna in primo grado la vicenda giudiziaria che ha segnato e spaccato la Procura di Milano. L’ex componente del Csm ha già annunciato l’intenzione di presentare ricorso.
“Faremo appello dopo aver letto le motivazioni, mi rimane nel cuore una profonda tristezza”. Queste le parole con cui Francesco Borasi, uno dei difensori di Piercamillo Davigo, ha commentato la condanna.
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