Nella lunga intervista al quotidiano, Den Harrow ha iniziato a raccontare la sua vita partendo dall’adolescenza: “Da ragazzino ero dislessico e grasso, venivo bullizzato. Sono stato bocciato in terza elementare: fino ai 13 anni la mia infanzia è stata difficile. Poi mi sono arrabbiato, sono dimagrito 20 chili in un mese, mi sono messo a praticare arti marziali e dopo un anno ho picchiato tutti i bulli che mi avevano menato”.
L’inizio della carriera come uomo-immagine di tante canzoni e la nascita del suo nome d’arte: “Negli anni ’80 funzionava così, c’erano personaggi che prestavano solo l’immagine e la voce era di altri. Era la prassi, io avevo 19 anni e mi dissero che mi sarei chiamato Den Harrow: era un gioco di assonanze con denaro”.
Den Harrow racconta la difficoltà a imparare il playback per la sua dislessia, mentre impazzava il successo dell’italo-disco: “Mad Desire fece un milione di copie, per Future Brain dovevo fare solo una tappa al Festivalbar, ma le feci tutte e vinsi tra i giovani. Tra l’86 e il 90 ero tra i primi cinque cantanti d’Europa più popolari tra le teenager, con Simon Le Bon, George Michael, Prince e Billy Idol”.
“Ero frustrato, mi sentivo di prendere per il culo la gente. E non ero tranquillo, fare un buon playback era uno stress emotivo continuo, ma nessuno si era mai accorto di nulla”, racconta quindi, spiegando una tappa importante della sua vita: “A quel punto avevo 30 anni e circa 13 miliardi di lire in banca. Gli sponsor mi davano tutto, non pagavo niente, né hotel né ristoranti. Guadagnavo tantissimo ma non spendevo troppo: buttavo soldi solo in orologi, auto e moto. Ho comprato anche la villa di Grace Jones a Ibiza”.
“Nel 1991 la Finanza mi portò via tutto, due case, le macchine, rimasi con 10 milioni di lire sul conto e la disco dance era finita”, quindi arrivò il cambio di vita: “Ho messo il dito sul mappamondo ed è venuta fuori San Diego”.
Poi andò a Las Vegas e da lì divenne uno stripman: “Per un mese studiai i ballerini di strip-tease ma erano molto piu grossi di me. Portavo sul palco le mie canzoni, l’unica cosa in più era togliermi i vestiti. Facevo 7 spettacoli al giorno per 3 giorni a settimana e guadagnavo un botto. Il nome d’arte era diventato Den Hard”.
Oggi, guardando indietro però è sicuro di una cosa: “Non vorrei essere Den Harrow. Mi ha dato più rogne che altro”.
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