Il derby di Champions tra Inter e Milan il suo verdetto lo ha emesso tre giorni fa ma non è ancora finito, ricostruisce il Corriere.
La scritta minacciosa è stata fatta trovare a San Siro, alla cancellata dell’abitazione di Federico Dimarco, difensore dell’Inter che, dopo la vittoria nel derby di Champions che ha mandato la squadra di Inzaghi in finale, si è lasciato andare – con il mano il microfono dell’impianto audio di San Siro – ad alcuni cori contro i tifosi del Milan.
Il coro incriminato è quello che riprende le parole di uno slogan cantato dalla Sud milanista i cosiddetti “Banditi”: “Ma quali scontri e tanti guai/ Che non vi picchiate mai Milanista chiacchierone/ Ma quanta fantasia che hai/ Ti cercano e non ci sei più/ Alle Otto e un quarto sei già su/ Con i tuoi vestiti neri Bandito scemo della Sud”.
A scoprire lo striscione è stato intorno a mezzanotte il fratello del calciatore che ha subito chiamato il 112.
Nel frattempo, proprio pochi minuti dopo il ritrovamento dello striscione, lo stesso Dimarco ha preso posizione su Instagram, cercando di chiudere la vicenda con le scuse per il suo comportamento post-derby.
“Martedì sera dopo la partita mi sono lasciato andare a un momento di leggerezza. Volevo chiedere scusa a tutti i tifosi del Milan che si sono sentiti offesi”, ha scritto il giocatore.
Un segnale che la grave minaccia (chi ha posizionato lo striscione conosceva l’indirizzo esatto dove il calciatore vive con la sua famiglia) è arrivata a destinazione.
Del caso si occupano gli investigatori della Digos che stanno acquisendo le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona.
Ma quel che più appare paradossale è il comunicato di venerdì mattina pubblicato dalla Curva Sud su Instagram: “Da martedì sera tiene banco il caso Di Marco: capiamo e condividiamo la voglia di esultare e far festa, nessuno si è mai sognato di vietare festeggiamenti e sfotto, ma in una città come Milano ci sono dei limiti che non vanno mai oltrepassati, da una parte e dall’altra”, scrivono gli ultrà.
Che proseguono ricordando il patto di non belligeranza tra le tifoserie, ma anche altro: “Le Curve di Milano si impegnano da 40 anni a portare avanti un patto di non belligeranza, un caso unico in Italia che permette di vivere nel rispetto, nella tranquillità e nella lealtà la nostra stracittadina. Un conto sono i cori e gli striscioni di sfottò riferiti a giocatori e società chi non salta è rossonero o interista vaffanc… ecc., tutt’altro discorso sono i cori di scherno verso una curva intera alla presenza della stessa (con un coro che la stessa Curva Nord non canta di proposito da mesi)”.
Il comunicato si conclude poi con un tentativo di ridimensionare il caso: “Apprezziamo le scuse del giocatore Di Marco, comprendendo che a volte l’adrenalina e l’euforia possano giocare brutti scherzi, e ci auguriamo in futuro di non assistere più a scene simili, da ambo le parti”.
A questo comunicato milanista hanno fatto seguito due righe pubblicate sempre via social dagli interisti: “Oggi alle ore 14 circa spiegheremo personalmente l’accaduto con Dimarco”. Cosa significa? Che i capi ultrà nerazzurri sono solidali con la curva rossonera? Anche a costo di intervenire personalmente su un giocatore, tesserato dell’Inter? Che i capi ultrà incontreranno il calciatore (la società ha autorizzato questo incontro?) per fargli una ramanzina? Si chiede il Corriere.
E Dimarco ha scritto quel messaggio supertempestivo di scuse su consiglio dei capi ultrà nerazzurri o è stata una reazione spontanea alla paura per una minaccia grave a lui e alla sua famiglia? E da ultimo ma ancora più inquietante: i milanisti fanno riferimento ad un coro dicendo che “la stessa Curva Nord non lo canta di proposito da mesi”. Cosa significa? È evidente che il patto di non belligeranza (in vigore da metà anni Ottanta) non c’entra nulla con questa storia, visto che il coro è sempre stato cantato nel passato dalla curva interista.
Che strani accordi sono intervenuti tra le due tifoserie per «bandire» lo sfottò ai capi ultrà avversari? E soprattutto perché si fa riferimento a mesi fa? Questa decisione c’entra qualcosa con l‘uccisione del capo della Nord Vittorio Boiocchi, freddato a fine ottobre sotto casa a Figino? I nuovi vertici della Nord interista volevano così lanciare un messaggio di «lealtà» agli omologhi rossoneri (Lucci e soci)? Ma lealtà su cosa?
L’impressione degli investigatori è che le dinamiche da stadio c’entrino poco con questa storia. Da tempo si parla – senza che ci sia evidenza giudiziaria nonostante diverse informative arrivare in questi anni in procura – di presunti accordi criminali tra i capi delle due curve di Milano per la gestione di affari, biglietti, parcheggi e paninari fuori dallo stadio. È davvero così? È accaduto qualcosa in queste settimane che ha minato questo accordo criminale (se mai esistesse, peraltro) e quindi serviva un plateale (e pubblico) segnale di unità e lealtà tra i capi ultras?
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