Una terribile storia di violenza giunge dalla provincia di Verona, dove una donna è stata sequestrata da un uomo di origini marocchine che l’ha picchiata, segregata e violentata per 10 giorni.
La donna è stata rinchiusa in una stanza, che un tempo era un pollaio, senza finestre e senza alcuna possibilità di comunicare con il mondo esterno. Ha provato a fuggire, ma ogni volta che lo faceva il suo aguzzino la massacrava di botte.
La donna ha raccontato che alla fine di luglio si era recata insieme ad un’amica in provincia di Verona, dove aveva trovato riparo in un casolare abbandonato occupato da alcuni cittadini marocchini. Tra questi c’era un certo Mohammed Mobsit, con il quale aveva avuto solo qualche contatto telefonico sporadico e tirava di tanto in tanto della cocaina.
Le cose però sono improvvisamente degenerate quando una mattina, svegliatasi dopo una sera passata a tirare cocaina, si è ritrovata ostaggio dell’uomo e senza la sua amica che se n’era andata.
Da lì è iniziato il suo incubo, poiché l’uomo pretendeva di avere con lei rapporti sessuali e se si rifiutava veniva picchiata selvaggiamente. Era stata spogliata dei suoi indumenti e le erano stati consegnati abiti maschili, e anche il cellulare le era stato sottratto per impedirle di comunicare.
Secondo il racconto della donna il suo aguzzino usciva due volte al giorno, la mattina e il pomeriggio alle 19:30, e in quelle circostanze la chiudeva a chiave nella stanza. Di tanto in tanto le portava qualcosa da mangiare e della cocaina che lei, come ha dichiarato, sniffava per estraniarsi da quella situazione allucinante.
In più circostanze la donna ha provato a fuggire, ma ogni volta che lo faceva l’uomo la massacrava di botte. Una volta aveva provato a chiamare il padre, ma l’uomo l’ha aggredita con un cavo elettrico fino quasi a strangolarla.
Il suo incubo è finito il 5 agosto quando, con la scusa di andare in bagno, ne ha approfittato della distrazione del suo carceriere che stava sniffando ed è scappata in strada dove ha fermato un automobilista che ha lanciato l’allarme.
La donna è stata soccorsa col volto tumefatto dalle forze dell’ordine che, raccolta la sua testimonianza, grazie all’identikit fornito sono risaliti all’uomo, un 52enne già noto per altri reati. Una pattuglia di carabinieri si sono recati nel capannone dismesso dove c’era l’uomo, che ha tentato una disperata fuga tra i boschi.
Tra le sterpaglie i militari hanno trovato i documenti dell’indagato e 4 cellulari, di cui uno appartenente alla donna. Durante la fuga l’uomo è prima salito su un albero e poi su un tetto fino a quando, sentendosi ormai braccato, è sceso e si è fatto ammanettare.
Su di lui pendono accuse molto gravi come sequestro di persona, lesioni e rapina e attualmente si ritrova rinchiuso in carcere.
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