Emanuela Perinetti, il padre non si dà pace: “Non riusciamo a capire perché”

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“Non riusciamo a capire perché si sia lasciata spegnere così”.

Così Giorgio Perinetti, direttore sportivo (ora all’Avellino) tra i più conosciuti in Italia, al Brescia sino allo scorso giugno, oggi alla Gazzetta dello Sport esprime tutto il suo dolore per la prematura scomparsa della figlia Emanuela, morta a 34 anni.

“Non riusciamo a capire, non riusciamo a capire – ripete Perinetti, che ha attraversato tutto lo Stivale con il calcio (Roma, Napoli, Palermo, Juventus, Bari, Siena, Genoa, Venezia le altre sue tappe) – i medici hanno fatto il possibile, sono stati bravissimi”.

Una decina di giorni fa l’avevano chiamato da Milano: Emanuela era stata ricoverata al Fatebenefratelli dopo una caduta in casa. Il suo corpo era ormai gracile e debole.

“Da tempo stava lottando contro l’anoressia – confessa il padre – Lei si preoccupava per me, e mi diceva che tutto andava bene. I professionisti che la seguivano le piacevano, ma forse lo diceva solo per tranquillizzarmi, perché quello preoccupato ero io”.

Il ricovero e le cure sembravano funzionare: lunedì Perinetti è sceso ad Avellino.

Venerdì sarebbe dovuto tornare da lei per fare il punto, invece Emanuela è morta il giorno prima lasciando nel dolore il padre e la sorella Chiara, già segnati dai dolori della vita quando nel 2015 morì Daniela, moglie di Perinetti, per un tumore al seno.

“Amava il suo lavoro, era felice. Le avevo detto di una promessa fatta alla mamma per vederla guarire e lei mi diceva che ce l’avrebbe fatta. Invece l’altro giorno, quando mi ha detto che aveva parlato con lei, ho capito che non c’era più nulla da fare. E da allora mi chiedo come sia possibile spegnersi così, senza nessun problema economico, professionale o sentimentale”, racconta il padre, senza pace, che non riesce a capire perché sua figlia si sia arresa.

Nel suo discorso al funerale che è stato celebrato oggi pomeriggio a Milano, Giorgio Perinetti ha ricordato le tante frasi di stima che sono circolate in rete in queste ore nei confronti della figlia: “Queste parole si riferivano alla tua gentilezza, al tuo spirito innovativo e alla tua voglia di fare. Manu, avevi creato un mondo di affetto e un tesoro di stima”.

Perinetti ha ricordato il “piglio da comandante” della manager, ma ha anche sottolineato come spesso le responsabilità sulla strada del comando lascino anche solitudine e incomprensioni: “Non sapremo mai le ombre che hanno creato un disagio così grande che non abbiamo saputo e potuto contrastare”. 

La sorella Chiara si è rivolta direttamente a Emanuela: “Ti chiedo scusa per non aver capito sempre che il modo giusto di starti vicino era quello degli ultimi tempi, era il prendersi cura e non respingere”.

“Voglio dirti anche grazie perché senza di te non sarei me oggi, mi hai insegnato l’ambizione e la determinazione, e ti dico grazie perché anche oggi mi lasci con qualcosa: questa rete di protezione di persone fantastiche per cui puoi star tranquilla che il freddo di dicembre, di questo in particolare, non mi farà sentire sola”, ha aggiunto.

A esprimere la propria vicinanza alla famiglia c’erano gli allenatori Antonio Conte e Mario Beretta, l’ex bandiera rossonera Paolo Maldini, l’ex dirigente Luciano Moggi e l’ad dell’Inter Giuseppe Marotta. 

Tra i presenti anche l’assessore alla Casa del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, e l’assessora allo sviluppo economico Alessia Cappello, entrambi amici di Perinetti.

Essendo considerata tra le 150 manager più influenti del mondo digital in Italia, la 34enne era stata coinvolta nel programma di mentorship con le nuove generazioni avviato da Palazzo Marino: “Emanuela era un’anima bella e pura, sempre capace di regalare un sorriso e un pensiero d’ottimismo – ricorda Cappello in una lettera inviata alle iscritte al network – Una donna di rara intelligenza, sempre preparatissima e molto competente. Aveva grande sensibilità, profonda intelligenza emotiva e una enorme capacità relazionale”. 

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Redazione Nazionale

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