Pubblicato il 25 Agosto 2022
Scopo della ricerca che ha prodotto l’embrione sintetico è di capire il fallimento di alcune gravidanze, senza effettuare test sugli animali.
In corso esperimenti analoghi per ottenere embrioni umani, per studiare fenomeni eticamente impossibili da osservare negli embrioni naturali e per ottenere organi per i trapianti.
La ricerca è pubblicata su Nature dal gruppo dell’Università di Cambridge diretto da Magdalena Zernicka-Goetz, con Gianluca Amadei e Charlotte Handford, di Cambridge e del Caltech; Amadei è anche all’università di Padova.
Lo stesso gruppo di ricerca nel 2017 aveva ottenuto il primo embrione sintetico a partire da cellule staminali embrionali. Anche allora era un embrione di topo, ma non era in grado di percorrere tutte le fasi dello sviluppo. In questo nuovo esperimento è stata utilizzata una combinazione di cellule staminali embrionali, cellule della struttura necessaria al nutrimento dell’embrione (trofoblasto) e cellule extra-embrionali (ETiX), tutte di topo. La grande differenza, rispetto al 2017, è nel fatto che i ricercatori sono riusciti a far dialogare le cellule fra loro, in modo che si assemblassero in modo spontaneo, senza la necessità di stimoli esterni.
In questo vero e proprio laboratorio vivente in miniatura, i ricercatori hanno anche dimostrato di poter riprodurre le caratteristiche osservate nei cosiddetti topi di laboratorio knockout, ossia privati di un gene allo scopo di studiare caratteristiche fisiologiche o le cause di malattie. Nel frattempo, riferisce il California Institute of Technology (Caltech), lo stesso gruppo di ricerca sta lavorando a un modello di embrione umano analogo a quello di topo appena ottenuto e l’obiettivo è riuscire a comprendere passaggi cruciali dello sviluppo embrionale altrimenti impossibili da osservare in embrioni umani reali.
“Nel mondo ci sono tante persone che attendono anni per avere un trapianto – osserva Zernicka-Goetz – Quello rende il nostro lavoro così entusiasmante è che le conoscenze che ne derivano potranno essere utilizzate per coltivare in futuro organi umani sintetici per salvare vite. Coltivare organi aiuterebbe anche a capire meglio come sono fatti e a curarli in modo in modo più efficace”.