E’ il disagio di Enrica Bonaccorti.
La presentatrice e autrice tv ha parlato apertamente della sua difficoltà.
“Mai avuto frequentazioni importanti, non vado nei salotti, anche perché non riconosco le persone: condivido con Brad Pitt la prosopagnosia. A un evento Fininvest chiacchieravo con un signore. Chiedo: di cosa ti occupi adesso? Lui mi fa pat pat sulla spalla: faccio sempre il presidente della Fininvest. Era Fedele Confalonieri”, ha rivelato.
La Bonaccorti, oggi 73enne, ha parlato anche di come nonostante il suo grande successo televisivo (soprattutto dagli anni Ottanta in poi) non sia mai stata una capace di scendere a compromessi né di affidarsi ad esperti di immagine o ad un agente: “Non sono mai stata brava a farmi valere e farmi pagare. Per decenni non ho avuto agente o addetto stampa. Ho sempre lavorato con lo spirito della professoressa che avrei dovuto essere”.
Questo non le impedì di diventare una delle presentatrici più pagate, quando, dopo anni di corteggiamento, lasciò la Rai per passare a Mediaset.
La Bonaccorti ha raccontato del suo esordio televisivo con un primo provino traumatico per lei: “Avevo superato tre provini per essere la protagonista dell’Amadeus di Peter Shaffer al teatro Argentina. Purtroppo, dovevo aprire la camicetta e mostrare il seno. Disperata, mi feci operare per ridurmelo. Dopo sei ore d’intervento, mi sveglio con il braccio come morto e la lingua penzoloni. Dovetti rinunciare all’Argentina. Stavo a casa e, come diceva Eduardo De Filippo, chi ti dice che è una disgrazia? Chiama la Rai: sappiamo che non fa la stagione, vorremmo incontrarla. Era per Italia sera , il nome lo inventai io.”
Un altro momento televisivo che ha ricordato con piacere è quando dovette sostituire Raffaella Carrà a Pronto chi gioca? Nessuno credeva il lei eppure: “Arrivo e Gianni Boncompagni mi dice: non ti preoccupare, tanto andrà tutto malissimo. Mi lasciò senza indicazioni di regia. La sera prima mi chiedevo come infortunarmi per non andare in onda. Vado, invece, e non c’era un copione. Iniziai a presentare i ballerini uno per uno, lessi i biglietti dei fiori arrivati in studio. Alla fine, battemmo Pronto Raffaella?”
La prosopagnosia è un disturbo che porta la mente a non ricondurre più l’identità di una persona alle sue fattezze fisiche, a cominciare da quelle del viso.
Chi si trova in questa condizione, soffre di prosopagnosia congenita, un disturbo che colpisce circa il 2-3 per cento della popolazione. Il termine deriva dal greco antico prosopon, che vuol dire, appunto, faccia. Per riuscire a orientarsi nella giungla quotidiana dei visi, chi è affetto da questo disturbo deve fare ricorso a veri e propri stratagemmi. È costretto a imparare come riconoscere le persone da altri segnali, come il taglio dei capelli, la modalità di camminare, la gestualità, perfino i vestiti indossati. A volte si affida invece a un particolare del viso stesso, come la forma della bocca o delle sopracciglia, dal momento che la prosopagnosia è principalmente caratterizzata dalla difficoltà a percepire la faccia nel suo insieme, mentre non è toccata l’abilità di individuare i suoi singoli particolari.
Oltre alla forma congenita esiste anche una forma acquisita. In tal caso la persona nasce con la normale abilità a riconoscere i visi, ma poi la perde, solitamente in seguito a un evento traumatico, come un ictus o un trauma cranico encefalico. In ogni caso, si tratta di un disturbo che può avere molta influenza sulla vita sociale.
I motivi di tale disconoscimento possono essere diversi. Dato che si nasce senza questa abilità, si è portati a pensare che le difficoltà rappresentino la norma e che tutti facciano fatica a riconoscere i volti. Inoltre raramente si parla di questo disturbo e i bambini non vengono testati per le abilità di riconoscere i visi. A tutto ciò si aggiunge il fatto che psicologi, psichiatri e neurologi spesso non sono in grado di diagnosticare, se non sommariamente, la prosopagnosia.
Attualmente si sta anche cercando di identificare tecniche in grado di migliorare la percezione di volti in chi soffre di prosopagnosia. Il gruppo del professor Rivolta ha pubblicato sulla rivista Neuropsychologia uno studio in cui si dimostrano i possibili effetti benefici della stimolazione cerebrale tramite una lievissima corrente in aree deputate al riconoscimento di volti. Alla prosopagnosia acquisita possono associarsi disturbi in altre sfere cognitive, come il mancato riconoscimento di oggetti. Infatti, le aree cerebrali deputate al riconoscimento dei volti e degli oggetti sono vicine, quindi una lesione, anche se principalmente coinvolge l’area dei volti, può colpire in modo più o meno marcato anche l’area di riconoscimento oggetti. Inoltre alla prosopagnosia congenita può associarsi una difficoltà di orientamento spaziale o la difficoltà a riconoscere i corpi, sostenuta da alterazioni a livello del lobo temporale. «Abbiamo osservato questo fenomeno durante uno studio su un gruppo di undici persone affette da prosopagnosia, confrontato con un gruppo di controllo», dice ancora Rivolta. Lo studio, pubblicato su The Quarterly Journal of Experimental Psychology, indica che probabilmente queste difficoltà sono sostenute da un’alterazione dei processi neurobiologici condivisi.
Le alterazioni nella percezione dei visi possono anche generare mostri. In questi casi non si tratta più di prosopagnosia, ma di prosopometamorfosia, ossia di metamorfosi delle facce. È una rara sindrome, della quale è stato descritto un caso sulla rivista Lancet da un gruppo di neuroscienziati olandesi, ai quali la paziente era stata indirizzata dal famoso neurologo e scrittore Oliver Sacks. Si trattava di una donna di 52 anni che fin dall’adolescenza vedeva l’immagine di musi di drago comparire all’improvviso davanti ai suoi occhi, mentre anche le facce delle persone attorno a lei si trasformavano in musi di drago: improvvisamente a parenti e amici la pelle del viso diventava scura, le fattezze si allungavano, le orecchie crescevano, gli occhi si ingrandivano e assumevano un colore brillante, giallo, verde, blu o rosso.
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