Pubblicato il 20 Maggio 2022
Poche settimane fa la trasmissione austriaca “Ungelöst”, “Irrisolto”, simile all’italiana “Chi l’ha visto”, ha mandato in onda un servizio dopo che il giornalista spagnolo Carles Porta, direttore della trasmissione “Crims” di TV3 e Catalunya Ràdio, aveva iniziato a interessarsi alla vicenda di quel corpo ritrovato 32 anni prima a Portbou. Porta, rileggendo i vecchi rapporti di polizia, aveva scoperto che nella pineta vicino a dove era stata trovata la ragazza erano accampati quel giorno sei ragazzi austriaci. Si era messo così in contatto con la redazione di Ungelöst.
Dopo aver visto la puntata di “Ungelöst”, andata in onda il 25 aprile scorso, una donna altoatesina che era in vacanza in quei giorni in Austria aveva scritto una mail alla trasmissione suggerendo la possibilità che il caso di Evi Anna Rauter fosse collegato a quello della giovane morta in Spagna.
Fresca di maturità, Evi si recò a Firenze il 31 agosto in visita della sorella che studiava proprio nella città rinascimentale. Si era diplomata a giugno del 1990 e avrebbe dovuto iniziare a lavorare l’11 settembre in una ditta di Merano. Lunedì 3 settembre, dopo aver fatto colazione insieme, Evi disse alla sorella che le avrebbe lasciato un biglietto per farle sapere dove si sarebbe diretta. Al ritorno di quest’ultima, difatti, era rimasto soltanto un biglietto di Evi Anna. Quest’ultima non avrebbe fatto ritorno a casa neppure il giorno successivo.
“Vado a Siena, torno questa sera”. E’ l’ultimo biglietto lasciato da Evi alla sorella. Da quel momento della giovane si sono perse le tracce.
Il 4 settembre 1990 alle 7.30 del mattino, cioè meno di 24 ore dalla sparizione in Italia di Rauter, nel piccolo comune spagnolo di Portbou, al confine con la Francia, venne trovato il corpo di una ragazza impiccato all’albero di una pineta, poco lontano da un campeggio. Il rapporto di polizia scrisse che la ragazza aveva un’età apparente di 25 anni: vennero prese le impronte digitali e furono scattate fotografie. Non fu invece prelevato il DNA perché nel 1990 in Spagna non era ancora stato adottato come metodo di indagine (in Italia venne utilizzato per la prima volta nel 1987 per l’omicidio di Lidia Macchi). La giovane donna inoltre non aveva documenti né denaro.
La polizia locale, anche in base alle conclusioni dell’anatomopatologo, ebbe dubbi sulla possibilità che si trattasse di un suicidio. Sulla suola delle scarpe non vennero trovate tracce compatibili con il terreno che circondava l’albero nella pineta; il volto della ragazza era poi rivolto verso il tronco, e non verso l’esterno come sarebbe stato più normale; infine, il cappio della corda sembrava fatto da una persona esperta.
Nessuno, allora, collegò quel cadavere alla scomparsa di Rauter. Il corpo trovato in Costa Brava venne sepolto nel cimitero di Figueras in una tomba anonima e dopo qualche mese la polizia archiviò il caso come suicidio. In Italia le ricerche di Evi Anna Rauter proseguirono ma senza che ci fosse mai un elemento utile a capire cosa fosse accaduto.
Fino ad un mese fa quando, dopo trentadue lunghi anni, la sua storia si è intrecciata con il corpo di donna rimasto senza nome e rinvenuto appeso ad un albero nella pineta di Portbou. La redazione di Crims, avvertita dai colleghi austriaci, ha contattato la sorella di Evi Anna Rauter inviandole le foto dei vestiti e dell’orologio trovato sul corpo della ragazza di Portbou 32 anni fa. La sorella ha riconosciuto gli oggetti: salopette di jeans, maglietta turchese, scarpe nere e un orologio Casio.
Come ha detto Carles Porta, “è evidente che i meccanismi di coordinamento internazionale di polizia non hanno funzionato. In Italia la scomparsa era stata segnalata, in Spagna il ritrovamento registrato. È ovviamente un caso di negligenza”.
La famiglia Rauter nella denuncia di scomparsa aveva descritto indumenti e orologio indossati dalla ragazza. La stessa descrizione, con fotografie, era nel rapporto della polizia spagnola eppure non è mai stato fatto un collegamento. Entrambi i casi erano stati segnalati all’Interpol.
Restano comunque molte domande. Innanzitutto, si dovrebbe ricostruire cosa accadde in quelle 20-22 ore circa tra l’uscita di casa a Firenze di Evi Anna Rauter e il ritrovamento del corpo a Portbou. Ed esiste anche l’ipotesi, considerando il rapporto della polizia dell’epoca, che non si sia trattato di suicidio. Per rispondere alle domande servirebbe però prima un’identificazione ufficiale e poi nuove analisi, con tecnologie moderne, sul corpo.
Il problema è che la polizia catalana ha scoperto che nel 1990, su ordine del tribunale, la salma venne sepolta nella nicchia numero 134 al quinto piano del primo reparto del cimitero di Figueres ma che poi, dieci anni dopo, venne spostata in una fossa comune. Questo potrebbe rendere molto difficile l’individuazione del corpo.