Pubblicato il 25 Agosto 2022
Così ha detto quando i poliziotti sono arrivati, chiamati dai vicini che hanno sentito le grida. L’assassino era ancora lì, con il martello in mano.
Il primo a intervenire dopo l’aggressione è stato un ragazzo, figlio di un altro vicino di casa, al quale Giovanni Padovani non avrebbe opposto la minima resistenza.
Originario di Senigallia, in provincia di Ancona, calciatore di serie C e D, che giocava in Sicilia con la Sancataldese, formazione dilettantistica di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, è ora accusato di omicidio aggravato.
A luglio, la 56enne Alessandra Matteuzzi, lo aveva denunciato per stalking perché viveva con l’incubo di trovarselo sotto casa.
E così purtroppo è stato. Martedì sera, Padovani, 27 anni, ha aspettato all’ingresso del civico 42 di via dell’Arcoveggio (periferia di Bologna), la sua ex e l’ha uccisa a martellate.
I due si erano conosciuti un anno fa, “ma da gennaio – racconta la sorella – era diventato un incubo: era convinto che lo tradisse”.
Lei lo aveva lasciato dopo alcuni episodi di violenza.
Non era stata mai aggredita fisicamente, ma in più occasioni lui aveva rotto piatti, lanciato bicchieri.
Secondo i familiari della vittima, “Padovani la perseguitava. Lei se lo trovava per le scale, sotto casa. E quando non gli rispondeva al telefono, lui iniziava a chiamare anche noi, insultandoci”.
Il 29 luglio, ormai esasperata, Alessandra Matteuzzi lo ha denunciato.
La Procura ha aperto un fascicolo, ma nei confronti dell’uomo non sono mai stati adottati provvedimenti restrittivi. I carabinieri stavano preparando un’informativa per i magistrati, ma aspettavano di completarla interrogando testimoni che erano in ferie.
I fatti dicono che c’è stata una sottovalutazione.
La vittima, agente di commercio per alcune case di moda, però aveva chiesto spiegazioni.
La sorella racconta: “Nei giorni scorsi Alessandra era avvilita. Mi ha detto che aveva chiesto informazioni sull’iter della denuncia, ma che le avevano risposto che c’era da aspettare la Procura”.
Terrorizzata, ogni volta che tornava a casa, chiamava al telefono la sorella. “La faceva stare più tranquilla – racconta Stefania – anche se è stato inutile. È servito solo a farmi sentire la morte in diretta di Sandra”.
Un’iniziativa presa dopo le ricostruzioni dei media basate sulle dichiarazioni dei familiari della vittima.
E’ quanto si apprende da fonti di via Arenula