Un interrogatorio agghiacciante, terrificante e ricco di particolari quello riportato da Adnkronos che Filippo Turetta nel carcere di Verona ha reso al pm di Venezia, Andrea Petroni, durante il quale ha spiegato per filo e per segno cos’è successo quella maledetta sera dell’11 novembre scorso, quando uccise Giulia Cecchettin. Secondo il racconto dei detenuti Turetta in carcere avrebbe lo sguardo spento e avrebbe pochissimi contatti con le altre persone.
Turetta ha ricostruito cos’è successo quella tragica sera, quando uscì con l’ex Giulia Cecchettin. Si fermò a 150 metri dalla casa di Giulia per darle un regalo, una scimmietta, ma lei rifiutò di prenderlo spiegando che lui era troppo dipendente e troppo appiccicoso, aggiungendo che stava anche frequentando un altro ragazzo, secondo il verbale diffuso da Quarto Grado.
Ne è nata così una discussione che è degenerata rapidamente. Lui le ha urlato contro, dicendo che non era giusto, ma lei ha cercato di scendere dall’auto. Il 22enne ha detto al pm che era molto arrabbiato e così, dopo aver preso un coltello dalla tasca del sedile del guidatore, l’ha rincorsa tenendola per un braccio facendola cadere e accoltellandola una prima volta.
In quel frangente il coltello si è rotto e lui ha caricato Giulia sul sedile posteriore. La ragazza ha urlato e quelle urla sono state sentite da un testimone. Nel frattempo Turetta ha detto di aver iniziato a guidare per 4 chilometri dal parcheggio di via Aldo Moro a Vigonovo, in un luogo più isolato.
Turetta ha provato a mettere dello scotch sulla bocca di Giulia che ha cercato di scappare, come testimoniato da una telecamera di una ditta che ha inquadrato verso le 23:40 di quella sera la ragazza tentare di fuggire.
Il racconto di Turetta si fa ancora più drammatico quando arriva al momento in cui la uccide, sferrando le coltellate mortali guardandola negli occhi: “Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non so se l’ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia”.
Secondo l’autopsia sarebbero state almeno 75 le coltellate inferte a Giulia, morta per choc emorragico provocato da un colpo alla testa e dalle numerose ferite. Secondo il racconto di Turetta la ragazza ha provato a difendersi, fino a quando non è stata colpita da una coltellata all’occhio. A quel punto ha caricato il corpo di Giulia sull’auto per ripartire: lui aveva i vestiti sporchi di sangue che si è cambiato.
Come confermato nell’interrogatorio del 1° dicembre, Turetta ha spiegato che ha tentato di togliersi la vita almeno in un paio di occasioni. Dopo l’uccisione di Giulia si è fermato in un punto isolato dove ha provato invano a soffocarsi con un sacchetto, ma senza riuscirci, così ha scaricato il corpo di Giulia vicino al lago di Barcis per proseguire la sua fuga.
Sette giorni dopo sarebbe stato trovato il corpo della povera Giulia, prossima alla laurea, mentre Turetta ha proseguito la sua fuga in Germania, dove è stato fermato e arrestato il 18 novembre. Durante la fuga ha pensato nuovamente di suicidarsi con un coltello, anche stavolta senza riuscirsi. “Pensavo che se avessi fumato e bevuto sambuca sarebbe stato più facile suicidarmi – ha confessato – ma invece ho vomitato in macchina”.
Poi ha acceso il telefono per cercare notizie su di lui che lo ferissero a tal punto da convincerlo a suicidarsi. Invece ha letto che i genitori speravano di trovarlo vivo, notizia che ha avuto su di lui l’effetto contrario, dal momento che ha rinunciato all’idea di suicidarsi.
L’accusa mossa dalla Procura a Turetta è di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e legame affettivo, più i reati di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d’armi. Da quanto emerso dalle indagini Turetta spiava la ragazza con un’app sul cellulare e, secondo l’accusa, avrebbe premeditato il femminicidio.
Il 22enne infatti avrebbe acquistato il nastro adesivo per impedirle di urlare, preso appunti su come legare mani e piedi, preparato i vesti per il cambio, messo da parte i soldi per la fuga, studiato mappe per nascondere il cadavere di Giulia e previsto un piano di fuga.
Lui ha respinto però l’accusa di premeditazione, spiegando che il nastro adesivo gli serviva per attaccare il papiro della laurea di Giulia, che i coltelli erano della cucina di casa sua e che li aveva messi in auto poiché aveva pensieri suicidi e che aveva sempre un cambio di vestiti in auto.
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