Era stato sospeso dal lavoro lo scorso 3 gennaio perché non vaccinato al Covid, il finanziere No Vax ha presentato ricorso al Tar Puglia, ma il Tribunale Amministrativo Pugliese lo ha rigettato e ha confermato la decisione. L’uomo è addetto ai servizi di vigilanza doganale nel porto di Bari ed ora dovrà continuare a restare a casa. Una decisione quella del Tar Puglia, nei confronti del finanziere No Vax, che replica quelle già prese in passato per casi più o meno simili. Nel ricorso presentato dall’uomo si leggeva che: “l’illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica, l’inefficacia profilattica dei sieri genici sperimentali impropriamente definiti ‘vaccini anti-Covid’ e la conseguente ‘discriminazione’ del lavoratore”. I giudici per hanno stroncato queste presunte tesi stabilendo che: “Il diritto a non essere vaccinato non ha valenza assoluta, né può essere inteso come intangibile, dovendo essere correlato e contemperato con gli altri fondamentali interessi pubblici, come quelli attinenti alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio di pubblica sicurezza, che nel doveroso bilanciamento degli interessi contrapposti appaiono in ogni caso prevalenti rispetto all’interesse personale di chi non intende sottoporsi al vaccino”.
Il Tar Puglia, inoltre, ha rigettato le ragioni del finanziere No Vax definendo: “il ricorso infondato perché la previsione dell’obbligo vaccinale anche per il personale di polizia si colloca razionalmente tra le misure introdotte dal legislatore per assicurare lo svolgimento dell’attività in condizioni tali da ridurre al massimo il concretizzarsi di situazioni di pericolo per la salute pubblica, in quanto in grado di incentivare l’estendersi della pandemia. L’ingerenza nella vita privata, che l’obbligo vaccinale sicuramente realizza –si legge nella sentenza-, può giustificarsi ove persegua un obiettivo legittimo, senz’altro rinvenibile nella protezione della salute collettiva e in particolare di quella di chi si trovi in stato di particolare vulnerabilità“. Secondo i giudici, inoltre, “la volontà di praticare proprie convinzioni ideologiche, etiche o religiose non può affermarsi sino ad invadere il labile confine che tutela diritti fondamentali della collettività e individuali al tempo stesso, come nella specie la salute pubblica e l’istruzione scolastica, quali fini perseguiti dal legislatore nelle forme ritenute più opportune per garantire il rispetto di principi costituzionali quali l’uguaglianza e la solidarietà”.
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