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Funivia Mottarone

Funivia del Mottarone, ordinanza del Gip: Tadini potrebbe reiterare “con la stessa leggerezza altre condotte talmente pregiudizievoli per la comunità”

Pubblicato il 30 Maggio 2021

Funivia del Mottarone. Contro Luigi Nerini e l’ingegnere Enrico Perocchio, direttore di esercizio dell’impianto della funivia del Mottarone, è “palese” al momento della convalida del fermo e della richiesta di applicare la misura cautelare del carcere “la totale mancanza di indizi che non siano mere, anche suggestive supposizioni“. Lo scrive il gip (Giudice per le indagini preliminari, ndr) di Verbania Donatella Banci Buonamici, nell’ordinanza con cui non ha convalidato il fermo e ha rimesso in libertà i due indagati che devono rispondere, tra i vari reati, di omicidio colposo plurimo per la morte di 14 persone, avvenuta esattamente una settimana fa. Il giudice ritiene che “nulla è stato aggiunto al quadro esistente al momento della richiesta e che, al contrario il già scarno quadro indiziario sia stato ancor più indebolito“. I pochi elementi portati dalla Procura per far scattare il fermo si sono sgretolati di fronte ad altre testimonianze rendendo Gabriele Tadini, il capo servizio dell’impianto e grande accusatore, non credibile contro Nerini e Perocchio. “Tadini sapeva perfettamente che il suo gesto scellerato (bloccare i freni sulla cabina, ndr) aveva provocato la morte di 14 persone, Tadini sapeva che sarebbe stato chiamato a rispondere, anche e soprattutto in termini civili del disastro causato in termini di perdita di vite umane. Allora perché non condividere questo immane peso, anche economico, con le uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni?”. Per il gip di Verbania, il capo servizio della funivia del Mottarone non è un testimone attendibile, ma è un indagato mosso da un interesse, ossia incolpare il gestore dell’impianto Luigi Nerini e l’ingegnere Enrico Perocchio, direttore di esercizio, per poter evitare in parte le conseguenze di quanto confessato al procuratore capo Olimpia Bossi e al pm Laura Carreri. Tadini lascia il carcere di Verbania ma va ai domiciliari per il pericolo di reiterazione del reato, dato che “per lungo tempo” disattivando il sistema frenante di emergenza sulla cabina numero 3 ha attuato una “condotta scellerata, della quale aveva piana consapevolezza, posta in essere in totale spregio della vita umana con una leggerezza sconcertante”, scrive il gip di Verbania nell’ordinanza. Per il giudice, che ha smantellato l’impianto accusatorio fondato sulle dichiarazioni del capo servizio, il modo di agire di Tadini induce a ritenere che “non abbia la capacità di comprendere la gravità delle proprie condotte e che, trovandosi in analoghe situazioni reiteri con la stessa leggerezza altre condotte talmente pregiudizievoli per la comunità“, si legge nel provvedimento di 23 pagine. I domiciliari vengono concessi visto che è incensurato, per la confessione resa e il contesto familiare in cui vive. (fonte: Adnkronos)