Nonostante il monito dell’Unicef ad Israele di non attaccare Rafah, le forze dell’Idf (Israel Defense Force) continuano a bombardare la Striscia di Gaza. Secondo una nota riportata da Al Jazeera, i morti dall’inizio della guerra sarebbero 34.971, di cui 10.000 corpi sepolti sotto le macerie, mentre i feriti sarebbero 78.641.
Purtroppo il bollettino di guerra si aggiorna tragicamente ogni 24 ore: la Cnn, citando dati raccolti in tre ospedali, ha comunicato che si sono registrati altri 47 morti, tra cui anche bambini, nell’ultimo attacco aereo portato da Israele nel nord e nel centro della Striscia di Gaza.
Intanto, secondo quanto riferito dall’ospedale Kamal Adwan, tra i morti ci sarebbe anche Bahaa Okasha, noto giornalista e apprezzato fotoreporter di Al-Aqsa, ucciso con la moglie e il figlio 12enne in un attacco aereo a Kasasib, nel campo profughi di Jabaliya.
I giornalisti, con 143 vittime, sono tra i professionisti che dopo i militari e la popolazione stanno pagando il più alto tributo in termini di vite. Per loro risulta complicato, oltre che estremamente pericoloso, documentare la guerra tra bombardamenti, attacchi aerei, comunicazioni a singhiozzo e mancanza di rifornimenti.
L’ospedale Al-Aqsa ha riferito di aver ricevuto nella notte altri 30 corpi dopo gli attacchi nel centro di Gaza e tra le vittime ci sarebbero 20 bambini, e avrebbe ricevuto ancora altri corpi in mattinata come riferito da un fonte della Cnn, mentre si continua a scavare tra le macerie nella speranza di trovare qualche superstite. Anche l’ospedale Al-Awda ha comunicato di aver ricevuto 11 corpi dopo due diversi attacchi di Israele a Nuseirati, nel centro di Gaza.
Intanto Israele ha comunicato che almeno 300.000 palestinesi hanno lasciato la zona orientale di Rafah, come richiesto in una serie di volantini rilasciati dall’Idf in vista di in imminente attacco, per rifugiarsi nell’area umanitaria di Al-Mawasi.
L’Unrwa (Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi) ha invece replicato che le persone fuggite da lunedì da Rafah sarebbero 150.000 in cerca di “una sicurezza che non esiste”.
Intanto l’organizzazione benefica Oxfam ha bollato come “inconcepibili” le conseguenze di un attacco di Israele nell’affollatissima città di Rafah. Sono stati chiusi i valichi di Rafah e di Kerem Shalom, quindi nel paese oltre al pane mancheranno presto anche il carburante, i rifornimenti e gli aiuti umanitari.
La denuncia è stata lanciata da Georgios Petropoulos, capo dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, secondo il quale nel giro di pochissimi giorni, forse ore, mancheranno le scorte di cibo precedentemente distribuite.
Petropoulos ha osservato che al momento sono attive quattro panetterie con una capacità molto limitata e che entro lunedì rischiano seriamente di chiudere. Gli israeliani stanno controllando gli aiuti umanitari, e spesso li bloccano, per impedire che possano arrivare rifornimenti agli uomini di Hamas. Intanto le trattative per un cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi israeliani sono in una fase di stallo.
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