Pubblicato il 1 Novembre 2024
Parla il campione di discesa libera degli anni ’90 e 2000: all’agenzia Agi, Kristian Ghedina dice la sua sulla scomparsa e sull’incidente di Matilde Lorenzi.
“Non ero sul posto, non conosco la dinamica dell’incidente di Matilde Lorenzi, ma mi sento di dire basta ai tracciati così ravvicinati l’uno con l’altro, si rischia di finire nel percorso vicino come è accaduto anche a me. I ghiacciai sono sempre meno, si stanno restringendo, lo sappiamo ma c’è un’esasperazione negli allenamenti e c’è un sovraffollamento”.
Sono queste le parole di Kristian Ghedina, il campione di discesa libera degli anni ’90 e 2000, argento e bronzo iridato rispettivamente nel 1996 e 1997, e vincitore di 13 gare in Coppa del mondo sui tanti tracciati che vengono disegnati sulle piste in occasione degli allenamenti.
“Da quello che mi hanno riferito, Matilde si stava allenando sul primo tracciato – dice Ghedina – con i tracciati così ravvicinati rischi di entrare nell’altro e, magari, anche scontrarti con un altro atleta. è accaduto anche a me, a Pitztal, quando a un certo punto mi sono ritrovato a sciare tra le porte che erano state tracciate, un po’ più semplici, per la squadra della Bulgaria. Da quel momento poi i miei compagni mi chiamarono ‘Ghedinov'”.
Sul casco integrale
Rispondendo al giornalista dell’Agi sul casco integrale, il campione risponde così: “Si è sempre detto che per noi sciatori limita il movimento e, essendomi un’appendice come la mentoniera, se ti attacchi a qualcosa potrebbe fare leva e creare lesioni alla testa”.
Ghedina all’AGI ha aggiunto che “sulla sicurezza si è fatto tanto, se togli la velocità alla discesa libera e la fai diventare un supergigante o addirittura uno slalom gigante, togli il fascino alla disciplina”. E ha concluso: “Su dieci incidenti, in Formula 1 ti fai male una-due volte, nella MotoGp tre-quattro mentre nello sci su dieci cadute, otto-nove ti fai male”.