Giacomo Chiapparini, schiacciato dalle forme di Grana: la straziante lettera d’addio dei figli durante il funerale

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“Quante volte, papà, abbiamo sperato che rallentassi la tua corsa nella vita e quindi potesse rallentare anche la nostra, così da vedere cosa c’era fuori dal finestrino. Rallentando avresti potuto vederlo anche tu, capendo cosa c’era di importante oltre la tua attività”.

Colpisce subito allo stomaco, l’inizio della lettera scritta dai familiari a Giacomo Chiapparini, l’imprenditore agricolo di Romano morto a 74 anni, domenica sera, a causa del collasso degli scaffali nel magazzino di stagionatura dove erano stivate 16.600 forme di Grana Padano.

E’ stata letta durante il funerale.

Un incidente avvenuto in quello che l’agricoltore considerava il gioiello dell’azienda che portava il suo nome e, in una vita di lavoro senza sosta, aveva portato a diventare una delle realtà più grandi della provincia. Una corsa iniziata nel 1977 da una stalla con 26 capi e un trattore, e che era arrivata a contare su un’impresa con oltre 2 mila bovini, 100 ettari coltivati, un caseificio e uno spaccio.

Grandi successi ma anche grandi fatiche, come è emerso dal messaggio fatto leggere dai familiari al termine del funerale. Parole intense che hanno lasciato col fiato sospeso la parrocchiale di Romano dove ieri mattina si sono tenute le esequie. 

In tanti sono arrivati a dare l’estremo saluto a un uomo energico, con il genio del suo mestiere, ma non semplice. Una verità conosciuta in paese ma che di fronte alla tragedia che aveva posto fine alla sua vita poteva cedere il passo a un addio cheto e conformista, riferisce il Corriere.

Invece i familiari, in particolare la figlia Mary e il figlio Tiziano, hanno scelto di salutare il genitore senza sconti: “Ci hai fatto crescere sempre sollecitati a dare il massimo, a fare sempre al meglio quello che sapevamo fare – si legge nella loro lettera – Ci hai forgiato alla vita, ai fatti pesanti della vita, e ne abbiamo avuti davvero tanti”. 

Tra questi, il più doloroso fu la scomparsa vent’anni fa di Emanuele, il terzo figlio di Giacomo Chiapparini. A farsi sentire sui figli rimasti è stato soprattutto il carattere volitivo dell’agricoltore.

“Quanti scontri abbiamo avuto perché volevi sempre avere ragione tu e fare di testa tua. Ci dispiace che a noi figli tu non abbia mostrato l’amore attento e affettuoso come altri padri. Con i tuoi nipoti ti sei ammorbidito un po’ e così abbiamo capito che allo stesso modo amavi anche noi, ma sempre a modo tuo, nel tuo modo originale. Non hai mai puntato sul nostro lato sensibile perché lo faceva e lo fa la mamma. Hai puntato, invece, alla nostra tempra per prepararci alla vita”.

“Ci hai lasciati – conclude la lettera della famiglia – con le rotelle attaccate alla bici, liberi di andare ma sempre con te che ci davi sicurezza. Sei sempre stato sopra le righe e sopra le righe è stata la tua uscita di scena. La tua fragorosa e rumorosa presenza è diventata una fragorosa e rumorosa assenza. Tu hai vissuto la vita che volevi, coltivando ambizioni che nessuno avrebbe mai immaginato e la tua famiglia ti ha dovuto seguire in questa corsa. Anche se iniziavi a sentire la stanchezza dell’età non ti sei mai risparmiato. Ora non so dove sei, ma sappiamo che a chi incontrerai, darai filo da torcere. Speriamo tu possa incontrare Emanuele e dirgli quanto lo amavi e quanto hai amato anche tutti noi”.

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Redazione Nazionale

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