Pubblicato il 30 Settembre 2020
Il puzzle del giallo di Lecce, che ha portato al duplice omicidio brutale di Daniele De Santis ed Eleonora Manta, la coppia uccisa brutalmente a coltellate da Antonio De Marco, loro conoscente ed ex coinquilino, continua a comporsi giorno dopo giorno di elementi mancanti che porteranno pian piano a definire il quadro completo. Dopo la cattura avvenuta nella serata di lunedì, l’arresto, la confessione da parte del killer che ha permesso di fare un po’ più di chiarezza sul suo piano omicida inquietante, resta da capire il movente che ha portato ad un simile gesto. Frustrazione, invidia, solitudine, voglia di sentirsi qualcuno, protagonista e parte di qualcosa: sono queste le idee che sono venute alla luce nelle ultime ore, ore in cui c’è stata la corsa a tratteggiare il profilo psicologico del killer del giallo di Lecce. Antonio Giovanni De Marco, 21enne di Casarano, in provincia di Lecce, era uno studente fuori sede di scienze infermieristiche che nella sua vita, fino a quel maledetto 21 settembre, poteva essere considerato un invisibile di cui nessuno si era mai davvero accorto. Ragazzo timido, introverso, taciturno, considerato uno studente modello, ha vissuto per 19 anni nella sua Casarano, paese in cui nessuno dice di sapere nulla di lui, nessuno lo ha mai notato, nessuno lo conosce. Nel suo paese di origine ci ha vissuto fino a due anni fa, fino al suo trasferimento a Lecce, ma non lo conoscono né il sindaco, il geometra Ottavio De Nuzzo, da poco rieletto, né gli amici del padre, Salvatore De Marco o della madre, Rosalba Cavalera. Per tutti era invisibile, così come lo era per i proprietari e i clienti della palestra in cui si allenava, unico vero hobby che si può conoscere del killer del giallo di Lecce.
Il giallo di Lecce, la stanza della discordia e quell’inquietante post su Facebook
Antonio De Marco, quindi, fino al giorno del giallo di Lecce, era un invisibile, tanto che nemmeno i suoi compagni di corso alla facoltà di scienze infermieristiche, tirocinanti con lui all’Ospedale Vito Fazzi, riescono a tracciarne un quadro. O quelli che hanno partecipato alla festa di compleanno di una tirocinante, proprio sabato sera, giorno dei funerali di Daniele ed Eleonora. Il carnefice del giallo di Lecce era uno sconosciuto nella sua Casarano e di lui non ci sono immagini, nemmeno della comunione, della cresima, alle elementari o alle superiori. Solo una, quando faceva il chierichetto nella chiesa della Madonna della Campana. Stessa sorte che Antonio ha dovuto subire dopo il suo trasferimento a Lecce di cui non ci sono grosse tracce. Sempre introverso, taciturno, pensieroso, solitario, ma all’apparenza tranquillo. Un profilo particolare, certo, ma comune a tanti ragazzi della sua età, quell’età tardo adolescenziale che per molti è una sliding door della propria vita. In pochi ricordano la sua voce, in pochi lo hanno mai davvero considerato, almeno fino a quando nella sua vita non è entrato Daniele De Santis e quella stanza. Daniele era convinto di affittare la stanza ad un ragazzo normale, tranquillo che non avrebbe creato problemi e grattacapi. I due hanno convissuto insieme in quell’appartamento, dove ogni tanto Eleonora andava a trovare Daniele, per diversi mesi. Dal 29 ottobre 2019 al 17 agosto scorso hanno chattato con assiduità. Poi, Eleonora, almeno nella testa del killer del giallo di Lecce, ha rotto quello che per Antonio era diventato un incantesimo. Sempre più spesso si fermava in quella casa con Daniele e con lui aveva deciso di convivere, ma c’è di più. La ragazza diceva di sentirsi a disagio per la presenza di Antonio e confidava ad alcune amiche questo suo disagio. Antonio così si sente tradito e abbandonato, così come si era sempre sentito nella sua vita, così come per la prima volta non si era sentito con Daniele e in quella casa. Trova il coraggio di esprimere il suo stato su Facebook, al quale il 3 luglio affida il suo stato d’animo, trovando e condividendo un post su un articolo intitolato “Psicologia della vendetta”, che, in questo giallo di Lecce, può essere una chiave di lettura fondamentale: “Il desiderio di vendetta — dice il post — è un’emozione che fa parte dei nostri impulsi più elementari quando siamo vittime di un’aggressione o di un’ingiustizia. Non è però utile ad alleviare le sofferenze: se da una parte fantasticare la vendetta può essere liberatorio, non si deve esagerare perché rischia di esagerare le cose“. Il commento di Antonio al post poi è chiaro ed inequivocabile: “Un piatto da servire freddo… È vero che la vendetta non risolve il problema, ma per pochi istanti ti senti soddisfatto”. Da lì di Antonio non si hanno notizie, almeno fino a quando non abbandona la casa, il 27 agosto, molto prima del termine di scadenza previsto da Daniele. Almeno fino al 21 settembre scorso, fino alla follia omicida, fino a quel piano così accurato che ci pone davanti ad una mente criminale raffinata che ha voluto dare un segno della sua esistenza in questo modo diventando il protagonista del giallo di Lecce e anche della sua vita.