Pubblicato il 9 Ottobre 2024
“La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero. Chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale e nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni”. Comincia così l’intervento di Alessandro Giuli nell’audizione alle commissioni Cultura di Camera e Senato.
Una lunga e articolata esposizione delle linee guida del ministero della Cultura che ha ereditato dal dimissionario Gennaro Sangiuliano, l’ex ministro travolto dal caso Boccia.
Il contenuto scritto e letto da Giuli sta scatenando ironie e polemiche, oltre che nell’ambiente politico e culturale, anche sui social.
“Vero è che ci aveva anticipato che l’introduzione sarebbe stata un po’ teoretica, ma un certo punto ci si poteva aspettare un ‘come fosse antani’ o ‘con scappellamento a destra’. Forse pensava di essere ancora all’università a dare un esame, ma la sua audizione è stata davvero una supercazzola assurda”, è il commento di Gaetano Amato, deputato del M5s che ha evocato l’iconico conte Mascetti interpretato da Ugo Tognazzi nella celeberrima saga cinematografica di “Amici Miei”.
“Al movimento delle cose è così vorticoso e improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone, non solo delle ultime generazioni, ha cominciato a mutare con esso”, aggiunge Giuli.
“Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare”, continua.
“L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia”, dice ancora il ministro, che pone la domanda “Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?”.
“No”, risponde egli stesso.
“Fare cultura è pensare sempre da capo e riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell’uomo, ricordare la lezione di umanismo integrale che la civiltà del rinascimento ha reso universale. Non l’algoritmo, ma l’umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo. In questa prospettiva è un’illusione ottica pensare a una distinzione di categoria o, peggio, a una contrapposizione tra le culture scientifiche e umanistiche. Come in una disputa tra un fronte culturale progressista e uno conservatore. Dialettica errata”, prosegue.
“Si tratta di pensare: Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo da Vinci e Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi, e al di là della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita che costruisce lo specifico della cultura”, conclude Giuli.