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Gli industriali di Sicilia e Calabria: non c’è futuro senza ponte sullo Stretto. E presentano un dossier

Pubblicato il 15 Giugno 2020

Sono passati 65 anni, spesi 960 milioni di euro, coinvolti circa 300 progettisti, 100 tra società, enti, atenei. Ma ancora da Messina a Villa San Giovanni ci vuole il traghetto. Gli industriali di Sicilia e Calabria lanciano la sfida. «Non si può parlare di futuro e non si può parlare di Italia senza ponte sullo Stretto di Messina. Siamo nel 2020, usciamo da una pandemia: non c’è spazio e non c’è tempo per battaglie ideologiche».

Lo dicono in coro Unindustria Calabria, Sicindustria, Confindustria Catania e Confindustria Siracusa. Presentando numeri a corredo di un “dossier” con tutte le «scandalose» cifre del ponte sullo Stretto che le associazioni degli industriali di Sicilia e Calabria hanno accuratamente preparato. .

«Sicilia e Calabria sono distanti 3 miglia. Un trasportatore può impiegare (dipende dal traffico) fino a 3 ore per varcare lo Stretto – osservano il vicepresidente di Confindustria Natale Mazzuca, il vicepresidente vicario di Sicindustria Alessandro Albanese, il presidente di Confindustria Catania Antonello Biriaco, il presidente di Confindustria Siracusa Diego Bivona – e questo è inaccettabile in un’epoca in cui il mondo viaggia con l’alta velocità. Scandaloso in un Paese in cui un progetto di rilancio e unità del Paese diventa terreno di scontri politici e merce di scambio nella becera partita delle logiche spartitorie. Occorre programmare la ripresa dell’Italia e questa passa dall’alta velocità, Calabria e Sicilia comprese. Cioè dal ponte sullo Stretto. Occorre scardinare il falso paradigma secondo cui costruire il ponte significa non realizzare e/o completare le altre infrastrutture necessarie».

Albanese, Biriaco, Mazzuca e Bivona

Gli industriali della Calabria e della Sicilia vogliono far valere il peso della loro rappresentatività: in Sicilia ci sono quasi 470 mila imprese, per circa 40 miliardi ricavi e 500.000 lavoratori occupati. In Calabria sono poco più di 187 mila imprese per un totale di 400 mila addetti circa e ricavi per oltre 20 miliardi di euro. Insieme si tratta di oltre 650 mila imprese che, unite, sostengono l’improrogabilità del ponte. Perciò ritengo necessaria «una gestione commissariale, con tempi e costi certi». Ed evitare gli sprechi. Come, purtroppo, evidenza lo stesso dossier preparato dagli industriali.