Green pass: c’è chi aggira i controlli (fortunatamente, non è facile, leggi i dettagli)

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Green pass: le autorità sanitarie prestano particolare attenzione ai controlli. Come è noto, dal 15 ottobre l’obbligo di certificazione verde riguarderà tutti i lavoratori. I no vax sono all’opera, al fine di aggirare la legge: segnalazioni e le denunce raggiungono l’organo di controllo.
Spetta al datore di lavoro organizzarsi per i controlli sul luogo di lavoro entro il 15 ottobre: se non lo fa, rischia una multa fra i 400 e i 1.000 euro. Il dipendente che ha violato l’obbligo di Green pass pagherà un’ammenda fra i 600 e i 1.500 euro.
Poniamo il caso di un lavoratore che, sprovvisto di Green pass, non si rechi al lavoro: viene considerato assente ingiustificato e fin dal primo giorno di assenza avrà lo stipendio sospeso.

Come verificare la validità dei certificati? Esiste l’app VerificaC-19. L’applicazione esegue la scansione del Qr code connesso al Green pass: se è valido diventa verde (significa che c’è riscontro nei database). Se invece l’applicazione diventa rossa, non c’è riscontro e bisogna prendere provvedimenti. In alcuni casi, prontamente riscontrati dalle Aziende sanitarie, c’è stato chi ha provato a richiedere la certificazione con un esito di tampone falso o retrodatato. I test non erano mai stati eseguiti: quindi non erano presenti nei database del ministero. L’azienda sanitaria ha controllato la farmacia presso la quale i cittadini dichiaravano di aver fatto il tampone: era tutto falso, i responsabili sono stati denunciati.

Per aggirare i controlli del Green pass si ricorre anche allo scambio di Qr code: si fa uno screenshot e lo si invia a chi ne è sprovvisto. Chi lo riceve potrà usare il pass per accedere ai servizi, a meno che le autorità non controllino i documenti. In questo caso il nome sulla certificazione risulterà diverso da quello che risulta dalla carta d’identità: c’è una multa, con sanzione da 400 a 1.000 euro e si può essere denunciati per falso.
Sono stati riscontrati casi di aggiramento della norma anche tra il personale sanitario, che non si è ancora vaccinato. In questo caso vale l’obbligo di vaccinazione e si può essere sospesi dall’esercizio della professione.

Ecco come le Aziende sanitarie si rivolgono ai sanitari no-vax: inviano una pec o una raccomandata a chi non risulta vaccinato, in cui si invita l’operatore a rispondere entro 5 giorni. In caso di mancata risposta, parte la seconda raccomandata. Se l’interessato continua a restare in silenzio,
una volta trascorsi i termini di legge, parte la notifica di sospensione, spedita anche all’ordine di riferimento e al datore di lavoro. Si può ritardare il procedimento di sospensione, mostrando la prenotazione per l’appuntamento del vaccino come prova di buona fede. Se però si cancella la richiesta, le Asl e le Ats se ne avvedono e avviano ugualmente la procedura per la sospensione.

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Isabella Lopardi

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