Pubblicato il 17 Febbraio 2021
L’eruzione dell’Etna di ieri sera ha lasciato tutti i siciliani, e non solo, a bocca aperta. Tantissimi video e foto che hanno documentato l’evento stanno girando nel web arrivando fino oltreoceano. Il vulcano Etna è stato per un giorno sotto gli occhi dell’intero mondo e tutti hanno potuto godere e apprezzare il fantastico show messo in atto ieri sera dal vulcano. Ma chi vive ai piedi dell’Etna è ormai abituato a vedere spettacoli di questo genere, seppur in maniera più modesta. Infatti l’Etna, com’è noto, è il vulcano più attivo d’Europa e negli ultimi anni, nello specifico dal 2018 ad oggi, non ha mai interroto la sua attività vulcanica. Bisogna ammettere che, quando l’Etna erutta, un velo di paura mischiata a una grande suggestione è presente nei cuori di tutti i cittadini. La domanda che rivolgiamo a noi stessi quando osserviamo con stupore la colata lavica è: e se l’Etna continuasse ad eruttare per parecchio tempo? E se il flusso lavico non si fermasse? E se la lava ragiungesse i centri abitati? A questi interrogativi oggi rispondiamo con una certa ironia, sapendo che l’idea di un flusso lavico talmente lungo da arrivare fino alle porte di Catania è pressoché impossibile, almeno questo crediamo. In reatà un evento così catasfrofico avvenne più volte nella storia del vulcano Etna come l’eruzione del 1669, un’eruzione durata 122 giorni che, prima di riversarsi in mare, distrusse 9 centri abitati tra cui Malpasso (oggi Belpasso), Mascalucia e Nicolosi. L’eruzione mise in ginocchio l’intera provincia di Catania e, più di ogni altra cosa, condizionò la storia urbanistica del versante meridionale dell’Etna, in quanto, modificando radicalmente l’assetto del territorio, condizionò lo sviluppo dei centri abitati nei secoli successivi. Ricostruendo le tappe dell’evento catasfrofico, vediamo cosa successe in quei 122 giorni che stravolsero Catania.
L’eruzione ebbe inizio l’11 marzo 1669 attraverso la creazione di una lunga frattura creatasi in prossimità della zona sommitale di 12 Km raggiungendo quota 1800 metri. Nello spazio di poche ore si aprirono cinque
bocche eruttive, la più grande delle quali generò i crateri dei Monti Rossi, nei pressi di Nicolosi. Questi diedero origine a tre bracci lavici che presero presto strade diverse.
Uno dei bracci puntò verso Catania, raggiundendo presto le mura della città. Il 16 aprile la colata minacciò per la prima volta le mura di Catania, ma la solidità delle mura cittadine indirizzò il corso della lava verso il mare. La lava entro’ in mare il 23 aprile, avanzando per un 1,5 Km. L’impatto con il mare genero’ subito un’enorme quantità vapore caldo che entro’ in tutte le case catanesi. In qualsiasi caso il settore occidentale delle mura resistette fino al 30 aprile, quando la lava scavalcò le mura alte 18 metri danneggiando il Monastero dei Benedettini. L’8 giugno una lingua di lava oltrepassò le mura nei pressi del Castello Ursino, riempiendone i fossati e circondandolo. L’eruzione si concluse 122 giorni dopo il suo inizio, l’11 luglio, riversando un volume di 937,5 milioni di m3 di lava e trasformando completamente il paesaggio compreso tra Nicolosi e il mare. Contrariamente alla convinzione comune, la città di Catania non fu distrutta. Solamente trecento case vennero infatti sepolte dal flusso lavico. Quello che invece venne sepolto fu il lago di Nicito e il fiume Amenano di cui ad oggi ne resta solo una parte visibile la cosiddetta “acqua a linzolu“.
Il racconto dell’eruzione del 1669 sembra quasi mitologico, lontano da noi e lontano da quello che mamma Etna ci ha abituati a conoscere. Le sue sfuriate sono sempre state “contenute” ai nostri occhi, rispetto all’evento catasfrofico del 1669. Ma se l’Etna proprio come una mamma coccola, protegge, rassicura, consola i propri figli, di certo non si trattiene quando c’è da sgridarli e far sentire la propria autorità. Speriamo allora di non farla arrabbiare troppo!