Christian Bisceglia è, insieme ad Ascanio Malgarini, il regista dell’horror Cruel Peter, primo film italiano a entrare nel Top Ten di Netflix UK.
Poco più che cinquantenne, Bisceglia ha trascorso la prima metà della sua vita a Messina dove è arrivato che aveva appena venti giorni. La sua famiglia era emigrata “al contrario”, dal Nord al Sud. Vivevano a Milano. Ma poi al padre, di origine lucana, fu assegnata la Sicilia come territorio di rappresentanza della società alimentare per cui lavorava e, insieme con la moglie, milanese, e i due figli, arrivò in riva allo Stretto nel 1968 per non andarsene più via.
La seconda metà della sua vita, invece, Bisceglia la sta trascorrendo a Roma e in viaggio: sua moglie vive a Messina e, poiché i due si sono prefissati di trascorrere assieme almeno dieci giorni al mese, gli andirivieni dalla punta della Sicilia alla capitale d’Italia sono continui.
“Faccio fieramente parte di una famiglia allargata. Sono sposato con Paola, messinese, che conosco da sempre. Lei ha tre figli grandi da un precedente matrimonio, e mi hanno accolto benissimo. Paola è stata fondamentale in questa parte della mia carriera e della mia vita. Mi ha sempre sostenuto anche quando le cose non andavano per il verso giusto”.
E c’è anche una data che segna l’inizio di questa fase particolarmente creativa della vita di Bisceglia. È accaduto – spiega lui – attorno al 2009, e cioè quando inizia la sua collaborazione artistica con Ascanio Malgarini. “Insieme abbiamo girato Fairytale e Cruel Peter e un buon numero di spot. È un amico importante ed è un artista talentuoso e molto critico. Ti stimola nel modo giusto, ti spinge a dare il meglio di te. Ha creduto in me, quando i contenuti che proponevo erano impensabili per l’Italia”.
“Cruel Peter è stato presentato in anteprima mondiale allo scorso Festival del cinema di Taormina. In un anno ha raggiunto obiettivi importanti. Una distribuzione internazionale prestigiosa, vendite estere, e adesso quest’affermazione su Netflix Uk che ritengo significativa per il cinema italiano. E, aggiungo, motivo di orgoglio per Messina”.
E se Messina ha potuto assurgere al ruolo di “arena” della paura non è un caso. Per un verso i film giapponesi dagli Anni Novanta in poi hanno fatto diventare horror i luoghi del vivere ordinario. I grandi condomini, gli ospedali, le scuole, i centri commerciali. “Luoghi dove di fatto perdiamo la nostra identità di persone, dove noi stessi diventiamo ‘fantasmi’”. Ed è stata una rivoluzione. “Il cinema horror è diventato un cinema sociale, psicanalitico, molto più interessante di un certo cinema impegnato. Questo per dire che potenzialmente tutte le città sono horror, perché tutte le città si assomigliano, soprattutto nelle periferie”.
Per altro verso, però, Messina possiede qualcosa in più. “Ha un set straordinariamente gotico e unico, che è il suo cimitero monumentale. La parte vecchia del cimitero, così suggestiva, così incredibilmente bella, rimanda ai classici della letteratura gotica inglese, alla cinematografia che amiamo (come la Maschera del demoni, di Mario Bava) e non per caso ha ispirato la storia di Cruel Peter”.
Vien da chiedersi se, horror o meno, Messina sia, almeno potenzialmente, una “città-set”, una città che potrebbe vivere una nuova stagione di protagonismo grazie al grande schermo. “No, ancora Messina non lo è”, dice Bisceglia. “Potrei dire che il problema sta nella mancanza delle strutture, e certamente questa è una delle ragioni. Tuttavia città isolate come Matera hanno dimostrato che si possono superare certe carenze offrendo alle produzioni cinematografiche e televisive organizzazione e competenza. Non si può sempre demandare alla buona volontà dei singoli, come è stato nel nostro caso con l’impegno di Enrica Carnazza. Ci vogliono uffici, ci vogliono persone che conoscano la macchina produttiva e sappiano dare risposte. Bisogna mandare il personale preposto a fare corsi, a confrontarsi con i professionisti del settore, altrimenti si resta sempre nell’alveo dell’amatorialità. Il cinema e la serialità tv sono una cosa seria, perché non sono solo arte e intrattenimento, ma sono anche un investimento economico. Possono trasformarsi in un incredibile volano per il turismo. Basti pensare a cosa ha rappresentato Il Signore degli Anelli per la Nuova Zelanda, Il Trono di Spade per Malta e Montalbano per la provincia di Ragusa”.
Quando Cruel Peter (rating quasi 4 stelle su Amazon USA) cominciò a farsi valere, Bisceglia scrisse un post amaro su Facebook. Il Comune di Messina avrebbe potuto sfruttare la ribalta internazionale del film non solo per valorizzare il proprio territorio, ma soprattutto per promuovere il recupero del suo Cimitero monumentale, patrimonio e memoria della città. Invece, nulla.
Un anno dopo Christian si dimostra sempre legatissimo a Messina. E stavolta interviene a muso duro su due fatti d’attualità. Il primo riguardava lo spostamento dei cani del Rifugio Don Blasco. Il tema è tutt’altro che distante dalle corde del regista (e scrittore, e produttore). Quando presenta la sua famiglia, Bisceglia presenta anche i sei cani adottati: “Skip, il greyhound (levriero inglese) vive e viaggia con me sempre (tranne quando vado all’estero), lo porto al lavoro, sul set, al ristorante, come tutti i levrieri è molto buono ed estremamente educato. Ovunque andiamo lui si fa adorare per discrezione. Skip è il secondo levriero inglese che Paola e io adottiamo. Sono cani che vengono dalle corse, sfruttati e maltrattati, destinati ad una brutta fine dopo la carriera agonistica. L’associazione SOS Levrieri, di cui faccio parte, da anni si occupa di salvarli e trovare loro delle famiglie. L’ultimo arrivato tra i nostri cani è Lillo, un chihuahua che non deambula con le zampe anteriori. Però è una forza della natura e credo si mostrerà molto più forte del suo handicap”.
Il secondo tema “caldo” è la situazione dell’arte e degli artisti a Messina che è, per Bisceglia, “una città che ha perso parecchie occasioni e che ha compromesso la sua bellezza, ma credo che questo non volersi bene sia dovuto all’immenso trauma che ha subito nel 1908. Un trauma dal quale non si è più ripresa”.
Trauma che però non ha sconfitto i suoi artisti. “Ho rapporti di profonda amicizia e ammirazione con moltissimi artisti messinesi. Non provo nemmeno a citarli perché sono davvero tanti. Ed è incredibile che nonostante questa ricchezza, Messina faccia fatica a esprimere un’identità, un’iniziativa dignitosa, che so, un festival (di letteratura, di teatro). Le istituzioni anziché supportare le persone di buona volontà, i professionisti, si limitano a imitare serate mondane con risultati che definire parrocchiali è generoso. Faccio un esempio, ma ne potrei fare a decine. Francesco Calogero organizza festival cinematografici in tutta Italia. È messinese. E quest’anno è il direttore di TaoFilmFest, un risultato prestigioso, perché il festival di Taormina resta tra i più suggestivi d’Europa. Qualcuno lo ha mai contattato? Anzi, riformulo la domanda, qualcuno delle istituzioni sa chi sia? Certo, se la risposta alle istanze della scena culturale messinese sono le direzioni artistiche a titolo gratuito, capisco perché le persone di valore si tengono alla larga da questa città. Se si vuole investire zero in cultura, la risposta sarà zero”.
Bisceglia è arrivato al grande schermo dopo tanti anni di televisione “con numeri importanti”. Ma non era felice. “Ho lasciato guadagni certi per l’incertezza, ma rifarei questa scelta mille altre volte. L’avventura è il senso della vita”.
La scelta, per difficile che sia stata, lo sta ripagando. Oggi Bisceglia sta sviluppando un progetto di serie in Israele per conto di una major. E si tratta di una serie tutta da girare in Italia. “Israele ha una grande tradizione nell’elaborazione di format seriali internazionali, pensiamo a Homeland ed In treatment. La cosa ovviamente mi lusinga, fino a qualche anno fa era impensabile”. E sì, ci sono anche altre novità importanti, “ma su quelle sono ancora tenuto ad un accordo di riservatezza”.
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