Cronaca di una morte annunciata.
No, non stiamo parlando di uno dei romanzi più conosciuti di Gabriel García Márquez, bensì della lenta agonia in cui annaspa da anni il calcio italiano.
E a testimoniarlo, come sempre accade in questi casi, ci sono i numeri che, come un disco rotto, sparano nell’aria, da un decennio a questa parte ormai, un bello ‘zero’ alla voce titoli vinti dalle squadre italiane in Europa (l’ultima è stata l’Inter nel 2010 con la conquista della Champions League). Ma quali le cause di questo fenomeno?
Uno dei rimproveri da fare al calco italiano è quello di non essere passato da un sistema mecenatistico-artigianale, imperniato sugli sforzi economici di singoli presidenti, in voga soprattutto negli anni ’90, a uno industriale, efficiente e sostenibile, adottato, invece, dalle altre grandi leghe europee. Con le risorse derivanti agli albori dalle pay-tv, si sarebbe potuto puntare, fin dall’inizio, sull’incremento dei livelli organizzativi dei club, la programmazione, l’ammodernamento degli impianti da gioco, la commercializzazione internazionale dei brand, e il marketing inchiodato ancora a logiche e strategie anacronistiche.
A questi ritardi vanno aggiunti un impoverimento tecnico, gli scandali, la corruzione, gli inadempimenti finanziari, le plusvalenze per dribblare paletti patrimoniali, i continui cambi societari. Ma anche l’abbandono dei settori giovanili, facendo trading di calciatori all’estero.
Un declino che rende meno appetibile il nostro campionato quando si tratta di monetizzare i diritti tv. Si pensi che fino a cinque anni fa solo la Premier League inglese poteva vantare introiti più cospicui dei nostri; ora, siamo stati sorpassati anche da Liga e Bundesliga. E in tempi di post-Covid, il valore dei diritti potrebbe subire un’ulteriore sforbiciata.
Ecco, quindi, che, chiusa l’egemonia di Sky per il divieto di esclusività sul web fino al 2022 stabilito dal Consiglio di Stato, oltre a pensare a un proprio canale, la Lega di Serie A, per ridare vigore al massimo campionato italiano, aprirà a capitali esterni. Entro venerdì (28/8), sul tavolo della Confindustria del pallone dovranno pervenire le offerte vincolanti da parte di fondi di investimento interessati a diventare soci della media company che verrà costituita per gestire e spingere il prodotto Serie A.
Tra questi, puntano al ruolo di azionista di minoranza il consorzio Cvc, Advent e Fsi, ma anche il fondo Bain, mentre Apollo, Fortress e Gso-Blackstone punterebbero a quello di finanziatori. Nella partita potrebbero infilarsi altri soggetti quali Dazn, Tim Vision e Amazon Prime. Insomma, il clima è caldo. Si riuscirà a non scrivere un epitaffio per il calcio italiano? Ai posteri l’ardua sentenza.
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