Pubblicato il 29 Settembre 2021
L’operaio Giacomo Campo era morto da poche ore e la magistratura di Taranto, anziché cercare i responsabili dell’incidente, faceva quadrato con i commissari per evitare lo scandalo e velocizzare la vendita dell’Ilva
“Tu sei consulente della Procura di Taranto e devi decidere in breve sul dissequestro degli impianti. Oggi per Ilva è un momento delicato, perché si sta cercando di vendere lo stabilimento. Ci sono due potenziali acquirenti e occorre che non si spaventino a seguito dell’incidente. L’interesse di Ilva, Governo e Procura è fare ripartire la produzione”: recitava così un messaggio ricevuto dal professor Massimo Sorli il 17 settembre 2016 da parte di un membro del Comitato di sorveglianza dell’Ilva, che gli annunciava la sua nomina concordata quale consulente dei pm.
L’operaio Giacomo Campo era morto da poche ore e la magistratura di Taranto, anziché cercare i responsabili dell’incidente, faceva quadrato con i commissari per evitare lo scandalo e velocizzare la vendita.
Questo almeno è il quadro delineato dalla Procura di Potenza, che dopo gli arresti di giugno ha ascoltato testimoni e intercettato alcuni indagati, acquisito chat e letto ulteriori documenti, arrivando alla conclusione che la mente dell’operazione di avvicinamento dell’allora procuratore Carlo Maria Capristo fu il commissario Enrico Laghi, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
“Laghi aveva una funzione ben precisa, da cui dipendeva la sua ascesa professionale – scrive la Procura nella richiesta di custodia cautelare – governare la fase transitoria commissariale, avviare il risanamento ambientale mantenendo i livelli occupazionali e cedere gli impianti a un privato”.
Per questo un’inchiesta per omicidio colposo, in quel settembre 2016, doveva essere evitata a tutti i costi. Come dimostrano i messaggi ricevuti dal professor Sorli e che lo stesso ha consegnato ai magistrati lucani, ai quali si è presentato spontaneamente il 13 settembre. Tra i testimoni ascoltati ci sono anche Massimo Mantovani e Massimo Confortini, membro e presidente del Comitato di sorveglianza Ilva in amministrazione straordinaria, i quali hanno confermato che la nomina dell’avvocato Piero Amara come consulente legale non era stata sottoposta al vaglio dell’organo di controllo.
Quella nomina – ipotizza la Procura – sarebbe stata decisa direttamente da Laghi, così come quella dell’avvocato Giacomo Ragno, “alter ego di Capristo” lo definiscono i pm, che il procuratore avrebbe fortemente sponsorizzato.
Del resto, che Capristo e Laghi avessero un rapporto confidenziale sembra provato anche dal tono dei messaggi che si scambiavano. Dopo l’analisi dei tabulati telefonici, inoltre, gli investigatori della Squadra Mobile e del Nucleo di polizia economico finanziaria di Potenza hanno acceso i riflettori su altre persone di interesse investigativo. Senza tralasciare che anche la Procura di Roma sta svolgendo approfondimenti sugli stessi personaggi, come dimostrano alcune informative trasmesse ai colleghi di Potenza.
Anche dopo l’arresto di Laghi (che nei prossimi giorni sarà interrogato dal gip Antonello Amodeo), l’indagine prosegue, in relazione a ulteriori spunti investigativi. Per quanto riguarda l’ex commissario, la Procura ne aveva chiesto la custodia in carcere, ritenendo che in virtù dei numerosi incarichi tuttora in corso potesse reiterare il reato ma, soprattutto, inquinare le prove, “alla luce della supremazia che ha sui soggetti coinvolti”. Alcuni dei quali avrebbero già mentito davanti ai pm.