Il presidente lombardo Attilio Fontana avrebbe causato “la diffusione dell’epidemia” in Val Seriana con un “incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificati” se fosse stata “estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020”, scrive inoltre la Procura di Bergamo in un’imputazione per epidemia colposa di cui risponde anche l’ex premier Giuseppe Conte, la cui posizione è stata trasmessa, però, al Tribunale dei ministri.
Così una decina di familiari delle vittime del Covid si è espressa questa mattina davanti alla Procura bergamasca, che ieri ha chiuso l’indagine sulla pandemia
Grande la commozione in piazza Dante: “Non è un atto d’accusa il lavoro della Procura – hanno detto – ma una ricostruzione” di quella che hanno definito la “strage bergamasca”. Presenti familiari giunti dalla Bergamasca e dalle province limitrofe. Con loro il team di legali che li assiste.
Non sono mancati momenti di emozione e abbracci calorosi tra i familiari delle vittime. Con loro l’avvocato Consuelo Locati, che coordina il team dei legali. “C’è grande gratitudine in questo momento – hanno sottolineato – perché per noi si riscrive la storia in questo momento. È ormai chiaro che non è stato uno tsunami improvviso e che qualcuno sarebbe dovuto intervenire”. I familiari avevano con loro gli esposti a loro tempo presentati proprio in Procura a Bergamo.
ha detto il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani.
“La nostra scelta – ha aggiunto Chiappani – è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi, che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico, amministrativo” quindi “una lezione, una grandissima riflessione”.
La speranza del procuratore è che “al di là delle accuse, delle polemiche che senz’altro ci saranno” questo sia “uno strumento di riflessione”.
C’è stata una “insufficiente valutazione di rischio. Il nostro scopo – ha detto – era quello di ricostruire cosa è successo e di dare una risposta alla popolazione bergamasca che è stata colpita in un modo incredibile, questa è stata la nostra finalità, valutare se un’accusa può essere mantenuta come noi valutiamo di fare proprio per questa insufficiente valutazione di rischio”.
Con un “decreto” del “23 febbraio 2020 – prosegue Chiappani – era stata richiamata la legislazione sanitaria precedente, per cui nel caso di urgenza c’era la possibilità sia a livello regionale sia anche a livello locale di fare atti contingibili e urgenti in termine tecnico, cioè di chiudere determinate zone, c’era questa possibilità e poteva essere fatto proprio in virtù di questo diretto richiamo, fatto in un decreto di emergenza del 23 febbraio”.
A proposito del tema del piano pandemico, uno dei capitoli dell’inchiesta sulla pandemia di Covid, Chiappani spiega che “il nostro problema è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano pandemico, e questo riguardava un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi che già erano previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006”.
E’ stato un “lavoro mastodontico” quello della Procura di Bergamo nell’inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid.
“Ci abbiamo impiegato tre anni ma mi risulta – racconta il procuraotre – che non sia stata ancora neanche iniziata una commissione parlamentare. Noi in tre anni abbiamo fatto un’inchiesta”. Il lavoro ha incluso “ricostruire centinaia di vite, un insieme non solo di provvedimenti ma migliaia di mail e sms, tre consulenze durate oltre un anno – ha elencato – ricostruire tutti i rapporti anche di natura estera (ricordo il discorso dell’Oms, della mancata attuazione e aggiornamento del piano pandemico), ricostruire tutte le attività da parte delle amministrazioni”. “Noi siamo in Lombardia – ha concluso – quindi anche delle singole amministrazioni lombarde: non è un gioco”.
“E’ vergognoso – dice il governatore Attilio Fontana – che una persona che è stata sentita a inizio indagine come persona a conoscenza dei fatti scopra dai giornali di essere stato trasformato in indagato. E’ una vergogna sulla quale non so se qualche magistrato di questo Paese ritiene di indagare. Sicuramente non succederà niente. Anche in altri processi in cui sono stato assolto ho saputo dai giornali cose che non sapevo”.
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