Pubblicato il 8 Novembre 2020
Dopo tanta attesa a nervi tirati e fiato trattenuto l’America conosce il nome del suo 46° presidente, Joe Biden. In pochi minuti dalla messa in onda delle proiezioni dei media (CNN, NBC ed Associated Press) la gente è uscita a festeggiare, nelle strade del paese.
La folla che canta, macchine che strombazzano, musica e bandiere sventolate come alla fine di una guerra, queste sono le immagini restituite dalle strade di Washington, Atlanta, Philadelphia, New York, Chicago, Los Angeles e mandate in onda dalle emittenti americane. Un momento di gioia, una festa diffusa e con mascherina in dotazione.
Gli inviati dei network televisivi mostrano giovani che ballano, mamme con in braccio i loro bimbi, ogni etnia coinvolta nel party. Alle domande i partecipanti rispondono spesso la stessa cosa “oggi abbiamo fatto la storia”.
Questa in effetti è un’impressione che hanno in molti, la giornata di oggi segna un cambiamento che forse avrà l’onore di entrare, se non nei testi scolastici di storia, almeno nei libri degli storici.
A dare una minima idea di cosa possa significare questo momento per molti americani sono le reazioni di alcuni commentatori televisivi appartenenti alla minoranza degli afroamericani, che si sono mostrati al loro pubblico con gli occhi lucidi e in qualche caso anche con la voce tremante.
Su tutti vale la pena di ricordare le parole emozionate dell’avvocato e scrittore Anthony Kapel “Van Jones”: “È più facile essere un genitore questa mattina oggi è più facile dire a tuo figlio che è importante essere onesti, oggi è più facile per tanti in questo Paese” ha detto Jones “Voglio solo che i miei figli guardino questo… È facile ottenere le cose con le scorciatoie e farla franca, ma poi torna tutto indietro. Torna indietro. Ed è una buona cosa per questo paese. Sono dispiaciuto per le persone che hanno perso, per loro non è una bella giornata. Ma per molte persone è una buona giornata. Se sei un musulmano in questo paese ora non hai la preoccupazione che il presidente non ti voglia qui. Se sei un immigrato non devi preoccuparti di un presidente che è più felice sei bambini vengono portati via o che vuole rispedire via i DREAMers senza motivo” e poi ha continuato “Il ‘Non riesco a respirare’ non era solo di George Floyd. Molte persone hanno sentito di non riuscire a respirare. Ogni giorno ti svegli e ricevi tweet, poi vai in negozio e le persone che prima avevano paura di mostrare il loro razzismo diventano sempre più cattive con te e tu sei preoccupato per i tuoi figli e sei preoccupato per tua sorella, e ora lei può semplicemente andare da Walmart e tornare in macchina senza che qualcuno le dica qualcosa .” Questo sfogo in diretta sulla CNN racconta bene la vita di tanta gente nell’era di Trump, un periodo che molti sperano sfumi per lasciare il posto all’America migliore.
Passando invece alla ABC, l’anchorman George Stephanopoulos intervista al telefono Thomas Friedman del New York Times che commenta così: “L’America era sulle schede elettorali, l’America era in gioco. Se avessimo avuto altri quattro anni così Trump avrebbe corrotto definitivamente le nostre istituzioni. Questo è un uomo terribile, terribile, che ha trasformato l’America in un ‘mostrami i soldi’. Sto ricevendo moltissimi messaggi da tutti il mondo, di persone felici che tirano un sospira di sollievo”.
Ma ci sono anche altre reazioni che danno anche l’idea di come si sentano ora gli appartenenti alla categoria dei giornalisti, soprattutto quelli che si sono trovati a fare i corrispondenti alla Casa Bianca e per quattro anni si sono sentiti dire continuamente “You are fake news!” (siete falsi).
Jonathan Karl, inviato per ABC alla residenze presidenziale, nel suo primo commento di oggi non ha perso tempo ad elencare alcune caratteristiche di Donald Trump: “È stato il primo presidente che non ha servito neanche un giorno nell’esercito ne lavorato nelle istituzioni governative. Un presidente che una volta eletto ha fatto sua una famosa frase di John Lennon (‘I Beatles sono più famosi di Gesù’) dicendo si se ‘Sono l’uomo più famoso del mondo dopo Gesù Cristo’.” Poi Karl ha continuato raccontando come la presidenza Trump a tratti sembrasse uno show televisivo.
Alla CNN invece un conduttore radiofonico ha raccontato divertito come lui in questi ultimi quattro anni, nonostante andasse in onda praticamente tutti i giorni e per diverse ore, non abbia mai dovuto ricorrere agli “evergreen files” per riempire il palinsesto. Questi files sono dei contenuti che radio e televisioni si tengono in archivio, pronti per essere rielaborati e mandati in onda se non c’è nulla di nuovo e di interessante da dire. Questo testimonianza certifica un’impressione già molto diffusa, Trump non è stato un presidente noioso.
Osservando le reazioni a livello governativo, nella giornata della vittoria di Biden si è fatto vivo il capo dell’attuale minoranza democratica al Senato, Chuck Schumer (NY). Sia lui che la Speaker della Camera Nancy Pelosi hanno sentito il vincitore via telefono, complimentandosi con lui e facendogli gli auguri. Schumer in particolare si trovava in macchina mentre la conversazione aveva luogo e ha approfittato della situazione per far sentire a Joe Biden le voci della folla che faceva gran festa in suo onore.
Poco più tardi il senatore ha improvvisato una conferenza stampa in strada invitando pubblicamente e baldanzosamente Donald Trump a fare il bravo, uscire dalla Casa Bianca e tornarsene a casa, in Florida. Non esattamente il modo migliore per iniziare un dialogo costruttivo con i repubblicani, ma c’è da dire che tanto Schumer quanto la Pelosi sono stati fra gli obbiettivi preferiti delle invettive lanciate dal 45° inquilino dell’ufficio ovale.
E mentre in tv andava in onda una sorta di sfogo generalizzato che a tratti sembrava una resa dei conti, la parte risultata sconfitta nella competizione elettorale iniziava ad accusare i primi colpi e dare segni di fastidio.
Durante la diretta della ABC l’ex governatore del New Jersey nonché sostenitore di Donald Trump, Chris Christie (Rep), si faceva vivo via telefono criticando aspramente degli interventi che aveva sentito. Parlando di queste dichiarazioni andate in onda Christie ha detto “mi hanno quasi fatto ribollire il sangue”.
Molti repubblicani in queste ore si dicono offesi dalle reazioni della gente, da come il presidente Trump e il suo mandato vengono raccontati dai media e chiedono ai network di cambiare atteggiamento, anche perché facendo così è peggio, contribuiscono alla fermentazione della rabbia e della la frustrazione del presidente in carica. Secondo il loro punto di vista bisogna cambiare il tono del racconto per una questione di buon gusto, buon senso, onestà intellettuale e per migliorare l’umore di Donald Trump, che nessuno sembra ancora riuscito a convincere a concedere la vittoria pubblicamente, come prevede la tradizione.
Già, la tradizione non la legge, perché non c’è nulla nella Costituzione americana che regoli la transizione fra un mandato e l’altro. Tutto fino ad ora si è basato sul buon senso, sulla decenza e la praticità. Ma tanto i padri fonatori degli Stati Uniti d’America quanto coloro che sono venuti dopo di loro non hanno previsto un presidente come quello attuale. Così molti sono incerti su come si svolgerà la cosa, perché da una parte c’è l’attuale inquilino della Casa Bianca che annuncia “Da lunedì la nostra campagna procederà con il nostro caso presso la corte per assicurare che le leggi elettorali siano pienamente rispettate e il legittimo vincitore sia insediato. Il popolo americano ha diritto a un’elezione onesta: ciò significa contare tutte le schede legali e non contare alcuna scheda elettorale illegale” e dall’altra parte c’è un nuovo team pronto a partire con il lavoro, una nazione che vuole andare avanti, un popolo che deve tirarsi fuori dall’epidemia di Covid e dalla crisi economica. E fra i buoni propositi degli uni e la belligeranza legale degli altri c’è da segnalare anche l’invito di Trump ai suoi fan, perché donino qualche somma per le sue nuove iniziative legali. Quello che però lui si scorda di menzionare è che parte di quel denaro in realtà servirà a pagare i debiti della sua campagna elettorale.
A tal proposito, il corrispondente Jonathan Karl riferisce alcune voci provenienti dall’entourage della Casa Bianca secondo cui alla fine Donald Trump concederà la vittoria a Biden e farà il tanto atteso discorso di concessione, ma ciò avverrà secondo i suoi desiderata, secondo il suo stile. Insomma, il presidente vorrebbe distinguersi anche in questo caso, ma per ora sono solo supposizioni senza alcuna conferma all’orizzonte.
Qualche voce chiamata a commentare per la CBS fa invece notare come ciò che è in corso ora, con la mancata concessione della vittoria da parte di Trump, faccia crollare la reputazione degli Stati Uniti all’estero. Se, ad esempio, fino a qualche mese fa il Segretario di Stato Mike Pompeo poteva criticare la Bielorussia, o altri paesi in cui il processo elettorale non si distingue per la trasparenza, ora non lo può più fare. L’America non po’ ergersi a esempio di nessuno visto che lei per prima sta dando segnali preoccupanti.
Ma qualcuno si chiederà, in tutto ciò e con tutta questa celebrazione in corso a tutti i livelli, Trump dov’è? A un corso di golf in Virginia.
Il presidente ha infatti deciso di allontanarsi dalla tv, dove andavano in onda proiezioni sempre più preoccupanti per lui, e si è concesso un po’ di relax nei campi da golf. Poi, una volta rientrato alla Casa Bianca si è trovato una gran folla festante che inneggiava al suo successore. Non il miglior ritorno a casa per lui.
Ovviamente il gran party in strada, che non dà segno di voler finire così facilmente, ha infastidito gli inquilini della residenza presidenziale, come testimoniato dal tweet della portavoce del presidente, Kayleigh McEnany. Questa, fra l’altro, nel suo post ha chiamato in causa Joe Biden chiedendogli dove fosse e perché non chiedesse l’interruzione di questi “Super Spreader events” (eventi di super-diffusione del virus). Un modo come un altro per rimandare la palla dell’accusa nel campo avversario, da cui alcune settimane fa sono arrivati criticismi per la festa organizzata da Donald Trump alla Casa Bianca per presentare il giudice Amy Coney Barrett.
Con il passare delle ore tutto il mondo ha avuto il modo di riceve la notizia del risultato uscito dalle urne americane e le congratulazioni sono decollate. Fra coloro che hanno voluto complimentarsi con il nuovo presidente si contano Angela Merkel, Emmanuel Macron, Pedro Sánchez, Boris Johnson e anche il nostro presidente del consiglio, Giuseppe Conte.
Ma quello che è evidente e lampante a tutti non sposta Trump di un millimetro dalla sua posizione. Oggi infatti il presidente in carica ha insistito a twittare, continuando poi a essere censurato dalla piattaforma Twitter. Nei suoi messaggi si potevano leggere affermazioni come “71,000,000 Legal Votes. The most EVER for a sitting President!” (71.000.000 voti legali. Il massimo in assoluto per un presidente in carica!) oppure “THE OBSERVERS WERE NOT ALLOWED INTO THE COUNTING ROOMS. I WON THE ELECTION, GOT 71,000,000 LEGAL VOTES. BAD THINGS HAPPENED WHICH OUR OBSERVERS WERE NOT ALLOWED TO SEE. NEVER HAPPENED BEFORE. MILLIONS OF MAIL-IN BALLOTS WERE SENT TO PEOPLE WHO NEVER ASKED FOR THEM!” (Agli osservatori non è stato permesso di entrare nella sala di conteggio. Io ho vinto le elezioni, ho ottenuto 71.000.000 di voti legali Sono accadute cose brutte che i nostri osservatori non hanno potuto vedere. Ciò non è mai successo prima. Milioni di schede per posta sono state inviate a persone che non le hanno mai chieste!)
Ma mentre Donald Trump continuava a pubblicare messaggi di fantasia sui social network il noto giornalista del Washington Post Carl Bernstein veniva intervistato dalla CNN e riportava voci raccolte presso sue fonti a Capitol Hill. Dunque, per quanto ha potuto percepire Bernstein ci sarebbe l’idea di lasciar proseguire il teatrino ancora per una settimana e per poi arrivare a un cambiamento di linea.
Secondo il celebre giornalista d’inchiesta non tutti i repubblicani sono dispiaciuti per la sconfitta di Trump. Alcuni di loro potrebbero, al contrario, sentirsi sollevati e iniziare a farsi un’idea di come collaborare con i democratici, anche a fronte del fatto che al Senato potrebbero non avere più la maggioranza, oppure continuare ad averla ma molto ristretta.
L’orizzonte parlamentare, alla fine, potrebbe diventare il primo pensiero non solo per i Dem ma anche per i Rep che in questo momento sono stati invitati dai figli di Trump a difendere pubblicamente il padre, ad appoggiarlo nel suo tentativo di resistenza e di battaglia legale presso i tribunali.
Con il passare dei giorni il futuro si farà sempre più pressante e il passato sempre più scomodo e a quel punto si sbloccherà tutto. Questo è l’augurio, da entrambe le parti in causa.
Nel frattempo, ottemperando alle richieste giunte dai repubblicani per rendere più grazioso lo storytelling, i giornalisti delle varie emittenti hanno accordato qualche complimento e qualche analisi positiva dell’operato di Trump. Alcuni gli hanno concesso di aver condotto una campagna grintosa nell’ultimo periodo e che questo ha portato giovamento al suo partito, preoccupato di pagare pegno e registrare un tracollo al Senato.
John King, che con la sua matematica da deliziato i telespettatori della CNN dal 3 novembre in poi, ha voluto riconoscere a Trump di aver performato meglio rispetto al 2016 e di essere comunque il secondo candidato alla Casa Bianca più votato di sempre. Secondo King il presidente dovrebbe rallegrarsi almeno di questo risultato ed essere fiero per quello che ha fatto per il GOP (Grand Old Party). E questi complimenti dovrebbero valere il doppio venendo da una persona che, assieme ai suoi colleghi preposti all’analisi dei dati, ha subito insulti se non vere e proprie minacce da parte di seguaci di Trump, totalmente insoddisfatti per quanto stava comparendo sugli smart screen degli analisti di flussi elettorali. In questi giorni infatti i tweet dell’attuale presidente, messi assieme alle sue dichiarazioni in conferenza stampa, hanno avuto come conseguenza la demonizzazione di coloro che si occupano di sondaggi e studio dei dati.
Sarebbe molto bello se Donald Trump ascoltasse quelli che come John King gli consigliano di accettare la realtà e di non vederla totalmente buia e nemica. Si vince e si perde ed è importante sia vincere con stile che perdere con stile, per il proprio bene e quello tutti gli altri .
Fonti: ABC. CBS, CNN